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I pensieri di questi ultimi giorni, a poche ore dai tragici fatti di Parigi, ultimo drammatico accadimento di una lunga scia di terrore che ormai si protrae da mesi, anni, decenni, non lasciano tregua agli animi. La mente continua a fissarsi sulle immagini e le notizie diramate dalla potente tempesta mediatica, fatta di sangue, gente in fuga, cadaveri, foto di giovani ragazzi caduti negli attentati, e tanta disperazione nei volti di ognuno.

Per la prima volta ci consideriamo dei sopravvissuti, perchè oggi si muore nei luoghi in cui camminiamo, studiamo, facciamo festa e trascorriamo le vacanze: in una strada di Ankara durante una manifestazione pacifica, ad un concerto a Parigi, in un campus di studenti in Kenya, su un volo di rientro da uno dei mari più belli del mondo.

Abbiamo paura, perchè ci ammazzano mentre viviamo. Viviamo la sensazione di appartenere a un popolo considerato un nemico da parte di qualcuno, da parte di un’entità che non conosciamo, fatta di uomini neri incappucciati, come nelle peggiori storie d’orrore. Un’entità che la scrittrice e giornalista Oriana Fallaci, dopo gli attentati alle torri gemelle del 2001, considerava interna alla nuova “Eurabia”, fomentando l’odio razziale e religioso. Ma questa è la strada della guerra e ci rifiutiamo di seguirla.

Quando si rimane soli a riflettere, magari dinanzi a un meraviglioso panorama delle nostre amate montagne, proprio in quei momenti la sofferenza si riacutizza e le domande ci invadono, lasciando un profondo vuoto fatto di non risposte. La tragedia che sta investendo milioni di persone di differenti Paesi, in tutto il mondo, sembra essere un dramma senza risposte, perchè è immensamente più grande di ogni singolo essere umano.

Non abbiamo spiegazioni sufficienti, se non brandelli di appunti mentali sparsi che cercano disperatamente un filo cui aggrapparsi. In essi vediamo parole e concetti in ordine sparso: guerra, orrore, politica, economia, odio, disperazione, follia …..

E allora perchè non provare ad aggrapparsi alle uniche, poche e preziose certezze che sono custodite nel più profondo dell’animo, ri-partendo, se possibile, da esse?

Pensiamo alla forza dell’umanità, intesa come l’insieme di tutti gli essere umani, presenti e passati. Grazie ad essa abbiamo superato guerre e pestilenze, carestie e tragedie immani. Nell’umanità trovano posto tutte le persone del nostro pianeta, senza distinzione di sesso, religione, età, razza, provenienza. E’ una sorta di biodiversità in senso sociale, in cui tutti abbiamo bisogno di tutti e la conservazione delle differenze è il fattore chiave. 

E perchè non credere fermamente nell’unione, intesa come capacità, desiderio e necessità di stare insieme, affrontando diversità e diseguaglianze. Un’ Europa Unita, in questa fase storica, rappresenta una risposta forte ai nostri interrogativi. Stamani, una ragazza tedesca, su Facebook, ha pubblicato “our strengh is unity”: è la speranza di una giovane di 18 anni.

I francesi cantano nelle piazze La Marsigliese, che da inno nazionale si trasforma, per volere del popolo, in inno alla vita, intesa come coesistenza pacifica in uno stato sociale basato sul principio di uguaglianza. In questo momento è il nostro inno all’unione, un antidoto alla barbarie.

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