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Parla il fuoco olimpico, in prima persona – Quando alcuni minuti dopo le 22 di venerdì 10 febbraio sono entrato nello stadio Comunale di Torino in compagnia di Alberto Tomba, accolto dal lungo e caloroso applauso di atleti e spettatori, ho capito che il momento dell’accensione, da me molto atteso, era ormai arrivato. Dall’8 dicembre, giorno in cui sono partito da Roma per l’avventuroso viaggio che mi ha visto attraversare 600 Comuni, di strada ne ho fatta davvero tanta se pensate che ho percorso la bellezza 11300 chilometri! Ho usato il termine avventuroso viaggio, perché mai come questa volta penso sia più adatto.



Ho incontrato almeno quattro milioni di persone che sono scese in piazza ad accogliermi e ad applaudirmi come si fa con un vecchio amico, ma anche qualcuno che, con mio grande dispiacere, ha tentato di togliermi dalle mani di chi, con tanta passione, mi stava portando in giro per presentarmi al pubblico. Lo devo ammettere, in quei momenti mi sono un po’ vergognato e molto dispiaciuto. Forse non tutti sanno che io rappresento fin dall’antichità la pace e la fratellanza tra i popoli, in mio onore anche le guerre venivano fermate.



Quando sono entrato nello Stadio tra le mani di Alberto e poi degli staffettisti Pierino, Deborah e Stefania, che come ultima tedofora mi ha accolto con il suo bel sorriso mite e il cuore in gola stretto dall’emozione per essere acceso nel tripode più alto e accogliente che mai mi sia stato costruito, ho sentito anch’io, che non sono certo di primo pelo, un’emozione indescrivibile.



– Ho vinto, come sai, due medaglie d’oro, ma in questo momento si sta avverando per la terza volta il sogno Olimpico. Quando da bambina, a poche decine di chilometri da qua, ho iniziato a praticare lo sci di fondo pensavo solo a divertirmi e non potevo certo immaginare quello che sarebbe accaduto in questo momento – mi ha detto Stefania a bassa voce qualche momento prima dell’accensione.



Ora che guardo tutti dall’alto, proteggerò sia gli atleti più bravi, quelli che sono venuti a Torino con la speranza di vincere una medaglia, ma anche chi è arrivato da molto lontano come unico rappresentante del suo Paese. Si sentirà, forse, meno solo. A tutti gli atleti che credono nello spirito olimpico di amicizia e fraternità va il mio saluto.



A cura di Sandro Columbaro

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