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Riapre “l’Atene delle Dolomiti”, ovvero l’Atene cristiana, perché quelle che l’ 11 luglio sono state restituite al pubblico sono 5 chiese, una più preziosa dell’altra, dal punto di vista artistico ed architettonico. Chiuse da anni, in attesa di restauro, o di messa in sicurezza. Un patrimonio che cavalca dal Medioevo ai nostri giorni e che ha fatto di Vigo di Cadore “una piccola Atene”, com’è stato sempre definito il grazioso paese centrocadorino. Parte da qui l’itinerario fra i “Tesori d’arte nelle Chiese dell’alto Bellunese” che in quattro anni consentirà alla Provincia, ai Comuni, alla Soprintendenza e, ovviamente, alla diocesi di Belluno-Feltre, di rendere nuovamente fruibili una sessantina di luoghi di culto, in gran parte poco conosciuti perché tenuti gelosamente chiusi, custodi come opere d’arte che meritano una speciale protezione. Dalla chiesa di Sant’Orsola, con affreschi del XIV secolo ed un altare ligneo del 1475 (vent’anni di restauro) a quella di Santa Margherita di Salagona, la più antica della provincia, con affreschi di stile bizantino del XIII-XIV secolo. Dalla chiesa della Difesa, eretta da Nicolò Ruopel nel 1512, a quelle più lontane, come San Simon, a Vallada Agordina. «Conclusi i restauri e assicurata la sicurezza, abbiamo organizzato – spiega don Giacomo Mazzorana – degli itinerari per valorizzare al meglio questo patrimonio di fede e di arte, con libri, guide, cd». «E l’abbiamo fatto in una sorprendente sinergia tra diocesi, Provincia, gli enti locali, le altre organizzazioni che valorizzano il territorio, la Soprintendenza, numerosi privati». L’Atene cristiana, peraltro, si integrerà con quella laica. Tra una chiesa e l’altra, infatti, troveranno spazio i beni culturali più significativi del territorio, palazzi ma anche semplici lavatoi. Ciò, però, che testimonia un’identità. Spiega il vescovo Vincenzo Savio: «Il mio approccio al ciclo di Vigo di Cadore mi riempie di stupore nel ritrovare il racconto del martirio di Sant’Orsola, ripreso e custodito come bandiera d’ identità da gente delle Dolomiti che in questa santa straniera sì, ma europea, fa ritrovare forza di fede e di solidarietà nella dura asprezza che la montagna a larghe mani distribuisce». Forza e speranza di cui la montagna ha bisogno per impegnarsi a sopravvivere. E che il turista, guarda caso, va a cercare sulle “terre alte”, ma non solo nei boschi.

Coinvolte anche le autorità locali. «Con questa iniziativa vogliamo anche essere protagonisti della gestione di quanto di meglio abbiamo sul territorio», conferma il presidente della Provincia, Oscar De Bona. «Molte cose siamo riusciti a farle, anche con i finanziamenti europei: guide, itinerari, segnaletica». «Ma – puntualizza Flaminio Da Deppo, presidente della Comunità montana – vorremmo fare un passo ulteriore con iniziative che stimolino la costituzione di gruppi di riferimento (associazioni, cooperative) che assumano una certa stabilità e promuovano nel tempo la fruizione dei siti». Dai tesori d’arte all’imprenditoria culturale, insomma, che accenderà i riflettori anche sui centri minori, taluni dei quali finora ingiustamente non investiti dalle correnti turistiche. Si pensi anche alle chiese del confinante Comelico: Danta, San Nicolò, Costa, Campitello, Gera. Candide, Casamazzagno, Dosoledo, Padola. Nomi sconosciuti ai più eppure al centro di un paesaggio incantevole. Col valore aggiunto di quanto fede ed arte hanno saputo creare.





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