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Ce n’è veramente per tutti i gusti, sia che si vada alla ricerca dei profumi e dei sapori della Valcellina, sia che si approfitti di un week end per andare a cercare tartufi: l’invito è quello di andare alla scoperta delle valli dai sapori antichi dominate dalle cime delle Dolomiti Friulane.

L’autunno è il periodo migliore per gustare i limpidi panorami e i sapori autentici di questi luoghi, dove raccogliere funghi, castagne, frutti autunnali, tartufi è una tradizione ancora vivissima, la cucina semplice, contadina ma ricca di fantasia (con contaminazioni provenienti dalla tradizione veneta della Serenissima e dalle cucine d’Oltralpe) fa riscoprire gusti antichi, la gente dedica ai prodotti stagionali feste e cibi.
 
Il Consorzio Turistico Piancavallo Dolomiti Friulane ha messo a punto con Turismo FVG una serie di pacchetti per una breve vacanza alla scoperta dei sapori e delle tradizioni autunnali del territorio. I pacchetti – che puntano i riflettori anche sui Presidi Slow Food, quale è ad esempio la pitina – propongono due o tre notti in hotel o agriturismo, cene con prodotti e piatti tipici locali, visite a cantine e aziende agricole, degustazioni, corsi di cucina locale. Per ogni proposta c’è inoltre tutto un territorio da scoprire, con le sue bellezze naturalistiche e artistiche. Non mancano i pacchetti a tema, come il Week end dedicato al tartufo a Solimbergo ( quota a persona in camera doppia è di 110 € ).
 
Pitina, formaggio asìno, tartufi
Il  prodotto più tipico di queste valli genuine e ricche di storia nel cuore delle Dolomiti Friulane è la pitina (chiamata anche petuccia, petina, peta), presidio Slow Food, nato nell’Ottocento dalla necessità di conservare la carne di selvaggina che non si poteva consumare subito. Venivano perciò create delle polpette, spolverate con farina di polenta e messe sotto la cappa del focolare: per affumicarle si usava il legno di ginepro. Ancor oggi la pitina è un sorta di grossa polpetta ottenuta esclusivamente da  carne di ungulati, ingentilita da erbe aromatiche, sale, pepe, passata nella farina di mais, affumicata e stagionata. La si gusta cruda, a fette (ma deve avere più di 40 giorni) con polenta o pane casereccio; oppure cotta, con le fette scottate velocemente nel burro, servite su una polentina morbida e cosparse di un po’ di ricotta fusa: molteplici sono comunque le ricette di cui è alla base, proposte nei ristoranti della zona. Può essere prodotta solo in Valcellina, Val Colvera e Val Tramontina. Poco lontano troviamo un altro Presidio Slow Food: la cipolla di Cavasso e della Val Cosa, una cipolla dalla tunica rossa con riflessi dorati, croccante e dolce, da mangiare sia cruda, che piccante.

Prelibati anche i formaggi: ricotta fresca e affumicata, caciotte, Montasio Dop, cao  ovvero la prima crema di latte appena munto, caprini. Tradizionale è il formaggio asìno, di pasta bianca fatto con latte bovino, originario della zona Vito d’Asio (da cui il nome) e di Clauzetto: deve il suo particolarissimo sapore, sapido e leggermente piccante, alle salamoie – le “salmuerie” gelosamente conservate nei tini di legno,vecchie anche di decenni- in cui viene fatto maturare. Altra specialità è il formadi dal cjt, preparato con formaggio tagliato a pezzettini – proveniente da forme non perfettamente amalgamate – ricoperto di latte, panna e aromi naturali. Mescolato fino a creare una crema densa, veniva conservato in un recipiente di pietra: il “cit”. In autunno, ecco un’altra chicca di questo territorio: i tartufi, per i quali è nota la zona di Solimbergo.

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