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“Montagna, sesso e niente fumo, la ricetta migliore per prevenire il cancro”, era il titolo di una nota ANSA diffusa il 29 gennaio scorso. La frase era attribuita a Paolo Comoglio, direttore scientifico dell’ IRCC (Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro) di Candiolo. Conoscendo la serietà di ricercatore e la stima di cui Paolo Comoglio gode a livello internazionale, e poiché la frase estrapolata dal contesto in cui era stata pronunciata, si prestava a interpretazioni diverse, più o meno audaci, sono andata a fargli alcune domande per chiarire agli appassionati di montagna le motivazioni della sua affermazione. Dopo aver spiegato che la sua era stata una banale battuta al termine di una conferenza stampa in cui si erano affrontati temi ben più importanti, illustrando lo stato dell’arte della ricerca oncologica, (ma si sa, ai giornalisti è stato insegnato che le parole sangue, sesso, soldi e sport fanno notizia e hanno quindi dei riflessi condizionati!), ha voluto dare supporto alla sua affermazione sulla montagna, visto ne è un appassionato frequentatore.

«Il cancro è sostanzialmente una malattia genetica – ha affermato – cioè si forma per mutazioni (rotture o alterazioni) di geni, in particolari tipi di cellule, dette staminali (cellule non differenziate che esistono ovunque nel corpo, capaci di riprodursi attivamente e fornire nuove cellule differenziate). Se si è persa la capacità di riparare questi “errori” e se le mutazioni colpiscono più geni, allora ci si ammala. Su una predisposizione genetica si inseriscono fattori ambientali. Ne è esempio il fatto che nei paesi dell’est europeo, dove l’inquinamento atmosferico è molto elevato, si è registrato un aumento dell’incidenza di tumori. Al contrario nell’Europa occidentale e negli Stati Uniti il numero di nuovi tumori per anno è in diminuzione. Anche se oggi i test per identificare i geni che prevengono l’insorgenza delle mutazioni del DNA e i geni che causano il cancro, sono disponibili, il loro utilizzo è ancora a livello sperimentale.

Penso che il cancro non sia una malattia che si possa prevenire completamente, bisogna anche curarla, però l’insorgenza si può ritardare e quindi è un bene per tutti condurre una vita sana, in un ambiente dove l’aria sia pulita e il cibo meno inquinato. Andare in montagna, intesa come wilderness, camminare, praticare attività fisica in un ambiente meno inquinato della città, fa parte di uno stile di vita sano. E in questo stile di vita sano si inseriscono anche il sesso e l’astensione del fumo. Se in montagna si riproducono le stesse condizioni della città: traffico, inquinanti, alimentazione sovrabbondante, scarsa attività fisica, non va bene. E’ altrettanto stupido pensare di prevenire il cancro mangiando ogni giorno un chilo di cavolini di Bruxelles e essere sempre tristi e maldisposti perché si detestano i cavolini. Insomma è meglio fare una vita sana, con molto buon senso». E in montagna, quando l’irraggiamento solare è forte, il buon senso dice di ripararsi dai raggi UV. «Ovviamente, perché i raggi UV sono cancerogeni, ma sono il male minore perché vestiti e creme possono proteggere adeguatamente e ci sono altri vantaggi».







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