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Il concetto di biodiversità non include solo il numero di specie presente in un certo ambiente, ma anche aspetti più generali e d’interazione, quali la diversità genetica all’interno di una popolazione, il numero e la distribuzione delle specie in un’area, la diversità di gruppi funzionali presenti (produttori, consumatori, decompositori) all’interno di un ecosistema ecc.
Le stime del numero totale delle diverse specie di organismi viventi sulla Terra sono basate su criteri molto diversi tra loro, che vanno dalle proiezioni nel futuro dei tassi di scoperta di nuove specie che si sono verificati nel passato, oppure su deduzioni relative al numero di artropodi presenti sulla chioma degli alberi tropicali, oppure sull’esame delle relazioni esistenti tra il numero di specie conosciute e le loro dimensioni corporee ecc. I differenti approcci hanno portato a stime molto diverse del numero totale di specie esistenti sulla Terra. In ogni caso, l’ordine di grandezza di questo dato è di alcuni milioni di specie, le quali mediamente sopravvivono circa un milione di anni prima di estinguersi. Un numero così grande non deve farci dimenticare che il tasso di estinzione causato dalle attività antropiche (soprattutto distruzione di habitat) è di decine di volte superiore rispetto a quello precedente la comparsa dell’uomo.

Pertanto, dove ricercare la biodiversità e perché ricercarla? La biodiversità (o diversità biologica) è ovunque ed è abbondante, ma non per questo è meno preziosa. Bisogna però allenarsi a riconoscerla. Qualunque piccolo habitat, perfino quelli urbani, possono talvolta riservarci delle piccole sorprese, se si è attenti ed appassionati. Tuttavia, è indubbio che vi sono alcune regioni dove la biodiversità di manifesta in maniera potente ed eclatante.

Tutte le Alpi, ad esempio, come buona parte delle catene montuose di fascia temperata, presentano un’interessante successione di piani altitudinali della vegetazione che consentono di osservare, in una semplice escursione a piedi in salita di poche ore, l’equivalente di un viaggio attraverso molti gradi di latitudine in direzione nord (quindi migliaia di chilometri), ossia dai 45° latitudine nord dei fondovalle alpini delle nostre regioni fino ai 60° latitudine nord delle regioni scandinave.

Sulle Dolomiti, un’escursione che massimizza una notevole varietà di ambienti e conseguenti osservazioni naturalistiche è l’anello dell’Antelao. Stranamente, a differenza di altri anelli, non è molto frequentato; gli escursionisti preferiscono in genere la cima del “Re delle Dolomiti”. È un peccato, perché il periplo di questa montagna consente tre giorni di entusiasmante avventura in ambienti grandiosi. Si tratta di un percorso adatto ad escursionisti di buon livello, con dislivelli giornalieri che possono arrivare al migliaio di metri, con alcuni brevi tratti esposti dotati di cavi metallici.

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L’Antelao (3264 m) è la seconda cima per altitudine delle Dolomiti e domina la confluenza tra il fiume Boite e il fiume Piave, punto di riferimento ed icona del Cadore, in provincia di Belluno. L’intero massiccio è compreso in un’area SIC/ZPS della Rete Natura 2000 (IT3230081 Gruppo Antelao – Marmarole – Sorapis) e conseguentemente tutelato. Le unità geologiche presenti sono costituite prevalentemente da Dolomia Principale (Norico) e Calcare di Dachstein (Retico). Particolarmente interessante sarà inoltre l’osservazione della morfologia glaciale: l’Antelao infatti ha due ghiacciai, il Superiore e l’Inferiore, il cui fronte viene lambito dal percorso qui proposto.

Le tappe possono essere così suddivise:

  • 1° giorno: San Vito di Cadore – rifugio Scottèr – rifugio San Marco – forcella Piccola – rifugio Galassi (sentieri CAI 226 e 227)
  • 2° giorno: rifugio Galassi – forcella del Ghiacciaio – alta val Antelao – forcella Pìria – rifugio Antelao (sentiero CAI 250)
    3° giorno: rifugio Antelao – forcella Pìria – forcella Cadìn – La Glòries – Greànes – San Vito di Cadore (sentieri CAI 250 e 230)

Dal punto di vista dei tipi forestali, le differenti esposizioni, altitudini e pedologie del suolo consentono una notevole variabilità: si va dalle pinete di pino silvestre frammiste a peccete sui versanti sud occidentali, faggete e piceo-faggete a sud, abieteti sui lembi più ombrosi del versante sud est, lariceti e larici-cembreti ad est. Alle quote più elevate e sul versante nord vi sono continue ed estese mughete.
E infine la fauna, con la presenza di colubro liscio, marasso e vipera dal corno tra i rettili, gallo cedrone, pernice bianca e fagiano di monte tra gli uccelli, stambecco, camoscio e cervo tra i mammiferi artiodattili.

Tutta questa biodiversità, tutta questa ricchezza è a disposizione con un gesto semplice: un paio di scarponi, uno zaino, un po’ di attrezzatura e vestiario, un passo dietro l’altro. Liberi per davvero, senza retorica. Certo, la natura incontaminata dei dépliant turistici non esiste qui, ma l’importante è saperlo.
Abbandonando le magniloquenze e le avventure preconfezionate, sarà una gioia procedere con lentezza e riconoscere i campi carreggiati del carsismo, le rocce montonate, le doline, i massi erratici; e poi, su quel prato, il fiore bianco del camedrio alpino, proprio accanto alla Sesleria varia; e dire a se stessi “ecco un fiore, ecco un’erba”… e invece no, che anche “l’erba” ha le sue infiorescenze, solo che poco appariscenti perché i semi sono dispersi dal vento e non dagli insetti, e non c’è nulla di più bello in botanica dell’anatomia comparata, per apprezzare davvero i fiori non solo per la loro estetica, ma piuttosto per la loro funzionalità. E scoprire così un mondo.
Non abbiamo bisogno di nulla o quasi, se non di alcune conoscenze di base: tutto il resto è lì ad aspettarci, pronto per essere scoperto poco alla volta.

Federico Balzan, laureato in scienze naturali è guida naturalistica. Lavora nell’ambito della consulenza tecnica nel campo ambientale per gli Enti e per le aziende.

 

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