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Come stanno mutando le modalità di frequentazione della montagna invernale e quale bilancio è possibile trarre dalla stagione 2013-2014 che va ormai concludendosi? Cerchiamo quest'oggi di dare risposta a queste due domande frequenti, non solo tra gli addetti ai lavori, con l'obiettivo di provare a ricomporre un quadro che talvolta ci appare frammentato e confuso.

Non v'è dubbio che se il numero dei praticanti lo sci alpino pare stabile, intorno ai 2 milioni, secondo l'Osservatorio della Montagna sono invece in netta crescita gli appassionati delle nuove discipline "slow" e "extreme". Sono sempre di più le persone che camminano sulle montagne delle Alpi con le racchette da neve o che praticano l'escursionismo invernale, così come sono in deciso aumento, quasi esponenziale, scialpinisti e freerider.

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Tra i motivi di questo forte cambiamento, fattori di natura culturale ed economica. Sempre più persone sono orientate a ricercare vissuti intensi, carichi di emozioni e socialità, e una ciaspolata in compagnia attraverso un bosco innevato, magari al chiaro di luna, o una discesa in neve fresca, rispondono pienamente a queste aspettative (lontani dal caos di piste affollate). Lo scialpinismo, inoltre, è fortemente connotato da una dimensione atletica e molti sportivi lo prediligono alle tradizionali discese in pista.
Molte destinazioni turistiche si sono attrezzate in tal senso, proponendo vacanza "active" con offerte riservate a queste tipologie di pubblico.

Per quanto concerne l'andamento dei flussi turistici della stagione 2013-2014, l'istituto provinciale di statistica della Provincia di Bolzano (ASTAT) comunicha che da novembre 2013 a gennaio 2014, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, si è registrata una crescita negli arrivi (+2,6%), con presenze praticamente stabili (+0,5%). Questi dati invertono la tendenza rilevata nei primi tre mesi delle due precedenti stagioni invernali, con arrivi e presenze entrambi in calo.

La distribuzione delle provenienze dall'estero, mostra un segno + per Germania, Polonia, Be.Ne.Lux, Russia, Scandinavia e Austria, che  rappresentano i principali mercati internazionali, anche se va intensificandosi la presenza di ucraini, romeni, cechi e lituani.

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Un altro motivo che sta alla base di questi cambiamenti è indubbiamente la capacità di spesa, soprattutto dei cittadini italiani. Sciare in pista costa caro e famiglie con redditi medi ormai riescono a sopportare questo livello di costi solo per pochi giorni all'anno, perchè se si sommano i prezzi di skipass, pranzi, pernottamenti, lezioni di sci, trasporti e noleggio attrezzatura, il conto diviene molto oneroso. Fortunatamente le offerte non mancano, anche se alcune regioni, non solo italiane, si sono dimostrate più attente di altre alla dimensione familiare, ad esempio introducendo pacchetti con gratuità alberghiere e di accesso agli impianti per i più piccoli.

E le piste da sci costano care anche alle società di gestione degli impianti stessi, in perenne battaglia con bilanci di fine anno da far quadrare. Costruire una nuova ovovia o rinnovare un impianto vetusto, richiede investimenti che possono variare da centinaia di migliaia di euro fino a milioni, senza dimenticare la voce correlata alla produzione di neve artificiale in anni caratterizzati da penuria di precipitazioni. L'epoca dei finanziamenti pubblici si è ormai chiusa, forse per sempre, e il prezzo dello skipass non potrà salire più di tanto in tempi di ristrettezze, e quindi, anche in questo caso, la coperta va facendosi sempre più corta.

La voglia di frequentare la montagna innevata resterà sempre molto elevata, ma la modalità continuerà a cambiare nel corso del tempo, sia in termini di tempi medi di presenza sia sul fronte delle attività svolte. Da una crisi nascono sempre nuove opportunità, e molte aziende del settore dell'outdoor sembrano aver recepito forte e chiaro questo messaggio, con fatturati in crescita derivanti dalla vendita delle nuove attrezzature.

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