Select Page

Dopo il gran caldo della scorsa estate ecco che l’inverno è tornato a posarsi sulle nostre montagne, seppellendo gli effetti di una stagione eccezionale. Ci eravamo lasciati con un approfondimento sulle temperature estive del 2003 sul Nord Italia, ecco ora qualche dettaglio sul bilancio di alcuni ghiacciai alpini. I sopralluoghi effettuati in settembre hanno evidenziato una situazione assai negativa, con perdite di spessore di ghiaccio dell’ordine dei 3 metri sulle Alpi occidentali intorno a 3000 metri di quota. Da tenere presente che in condizioni “normali”, a queste altitudini a fine estate si dovrebbe trovare ancora neve residua dell’inverno precedente. Quest’anno i calori straordinari anche in quota non solo hanno consumato tutta la neve stagionale fino a 3300-3500 metri, ma hanno fuso anche ingenti quantità di ghiaccio, derivante dal prezioso accumulo di neve di inverni ormai lontani. Nelle fasi più calde della stagione, ad esempio nella prima quindicina di agosto, a 3000 metri la fusione ha asportato fino a 8 cm di ghiaccio al giorno, equivalenti a circa 70.000 metri cubi d’acqua per chilometro quadrato di ghiacciaio. Se non altro la fusione di questa riserva capitalizzata in decenni e decenni ha consentito in alcuni casi di mantenere l’irrigazione dei campi di pianura e delle risaie, anche nei momenti più difficili della prolungata siccità estiva. Complessivamente il ghiacciaio Ciardoney (versante piemontese del Gran Paradiso) ha mostrato un bilancio di -3 metri di equivalente d’acqua, tra i più sfavorevoli dall’inizio delle misure nel 1992. Si calcola che nei tre mesi estivi 2003, da inizio giugno a inizio settembre, la fusione abbia evacuato dal ghiacciaio circa 3.200.000 m3 d’acqua. Annata pesante anche per il Basòdino, ghiacciaio ticinese presso il confine con l’italiana Val Formazza: -2 metri di bilancio, secondo le misure di Giovanni Kappenberger, meteorologo previsore presso l’Osservatorio di Locarno-Monti. E’ seguito un autunno dagli aspetti climatici “altalenanti”: un ottobre un po’ più fresco del solito, poi un novembre nuovamente assai tiepido, ma cosa più importante, sono riprese abbondanti precipitazioni che hanno spento del tutto la forte siccità. Tra fine ottobre e inizio novembre importanti nevicate hanno precocemente imbiancato le Alpi fino a bassa quota, facendo registrare localmente alcuni record di innevamento autunnale. E’ il caso dell’alta Val di Susa, dove la quantità di neve caduta in ottobre e novembre 2003 è stata la più elevata dal 1920. Attualmente a 2000-2200 metri il manto è spesso fino a 150-200 cm sulle Alpi occidentali, e si sta conservando piuttosto bene grazie ai rigori invernali finalmente giunti dopo settimane di tempo insolitamente mite per una fine d’autunno. Con le precoci nevicate dello scorso ottobre, è lecito scomodare – almeno a titolo di curiosità – un detto popolare che in area torinese recita “La fiòca sla fòja a dà nen nòja” (= la neve sugli alberi ancora in foglia, quindi presto nell’autunno, non darà fastidio nell’inverno successivo), che vorrebbe dunque un inverno secco, a seguito di un autunno nevoso. C’è da preoccuparsi? Non è detto, i dati di innevamento raccolti nell’ultimo secolo non confermano questo simpatico proverbio.



Ulteriori approfondimenti sulla situazione dei ghiacciai e sulle anomalie climatiche del 2003:

www.nimbus.it







Share This