Select Page

Aveva 43 anni, l’altoatesino Christian Kuntner, ed era uno di quegli uomini riservati che amavano la montagna senza clamore. La sua fama, per scelta, era nettamente inferiore al suo valore. Spesso, e non solo nell’alpinismo, succede il contrario ma si sa, così va il mondo. Se fosse arrivato in cima all’Annapurna (8091m.) sarebbe entrato a far parte del ristretto club di uomini che hanno scalato tutti i 14 ottomila della terra. Invece ieri mattina, secondo le prime ricostruzioni ancora da confermare, poco dopo le 7 ora nepalese, mentre in Italia non era ancora sorto il sole, Christian, con l’inseparabile compagno di cordata il valdostano Abele Blanc, stava salendo da campo II (oltre 5500 m.) a campo III (7100m.).



Avevano scelto la “via dei francesi”, il pericoloso ed esposto versante nord che fu scalato nel 1950, primo ottomila della storia, dai francesi Maurice Herzog e Louis Lachenal. Si sapeva, lo si è sempre saputo: quell’itinerario è precario, esposto alle valanghe, specie quando c’è molta neve. E all’Annapurna, alla “Dea dell’abbondanza” (questo significa il nome della montagna), la neve è sempre tanta. Quest’anno poi non smetteva mai di nevicare e non era la prima volta che da quel punto veniva giù ghiaccio misto a neve da una grande seraccata sovrastante.

Eppure il 12 maggio, tanto per ricordare che l’alpinismo non è solo tragedia anche se il successo fa meno notizia, i Ragni di Lecco Mario Panzeri, Mario Merelli e Daniele Bernasconi, insieme allo statunitense Ed Viestrurs e al filandese Gustafsson Viekka, erano riusciti a raggiungere la vetta.



Dunque Christian Kuntner, il silenzioso, il riservato Kuntner che più volte, rifuggendo i media, aveva dichiarato che scalava per se stesso e non per dimostrare qualcosa, stava salendo con i compagni della spedizione “Annapurna 2005”, i valdostani Abele Blanc, Marco Camandona, Marco Barnasse e il sud-Tirolese Stephan Paul Andres. Davanti a loro Silvio Mondinelli, Christian Gobbi, l’australiano Andrew Lock e due alpinisti del Colorado. Il primo gruppo stava superando il canalino attrezzato con corde fisse posto sopra il campo quando, dall’alto, è crollato un seracco. Una valanga, mista a blocchi di ghiaccio, ha sfiorato e saltato miracolosamente i primi, travolgendo coloro che sopraggiungevano.



Mondinelli e compagni si sono immediatamente precipitati a portare i primi soccorsi. Dopo un’ora e mezza erano tutti nuovamente al Campo 2 ma per Christian Kuntner, che perdeva sangue dalla bocca e si lamentava per i dolori al ventre dovuti a emorragie interne, non c’era più nulla da fare. Spirava così tra le braccia dei compagni. Per tutti gli altri sembra che non ci siano gravi danni fisici anche se, inevitabilmente, sono tutti terribilmente atterriti da quanto è accaduto.



Poche ore prima di incamminarsi, ancora a notte fonda, Camandona aveva mandato un sms al suo diario on-line (www.camandonamarco.com) che recitava : “La fortuna non è con noi; questa notte è arrivata una tempesta di neve e ora siamo tutti fermi al campo 2; tenteremo di salire domani al campo3”.

Non era la prima volta che Kuntner affrontava l’Annapurna. Era già al quarto tentativo in anni diversi. D’altronde si sa, le spedizioni himalaiane non si improvvisano, richiedono mesi di preparazione, anni a volte. Così, mentre questa montagna sembrava stregata, lui inanellava altri ottomila e altre imprese, come quando, nel 1998, percorse 10000 chilometri della via della seta con la Mountain Bike, o come quando, nel 2001, attraversò in nove mesi le americhe in senso longitudinale, dall’Alaska alla Terra del Fuoco.

Nel 2002 poi aveva scalato, con Blanc, in una sola stagione, 64 degli 84 quattromila delle Alpi. Voleva portare a termine l’impresa quest’estate. Qualcosa di simile a quello che stava facendo Patrick Berhault, un altro grande che se ne è andato un anno fa, lasciando incompiuta la stessa opera.



Gli mancava un solo ottomila, è vero. E gli è stato fatale. Ma gli ottomila sono un’invenzione, un traguardo inventato per un’insaziabile, umana e sublime, fame di avventura. Gli inglesi, che misurano le montagne in piedi, non ce li hanno gli ottomila. A ben guardare a Christian Kuntner non mancava proprio nulla. Tutt’al più gli sarebbero mancate le montagne se, per assurdo, gli avessero impedito di scalarle. Ma non gli sarebbero mancate dal punto di vista della prestazione e del risultato. Perché la montagna, come ha detto qualcuno, “prima che un risultato è un sentimento”.



Lorenzo Scandroglio

da Il Giornale del 19/5/2005



Articoli correlati



Intervista a Simone Moro di L.Scandroglio

Valanga travolge spedizione italiana sull’Annapurna di L.Succi





Share This