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Le guerre sono assurde, ma ce n’è una che lo è più di tutte e che da vent’anni oppone due popoli. E’ una guerra territoriale che si contende un pezzo di ghiaccio. Dal 1984 India e Pakistan investono risorse di ogni tipo nella inutile battaglia per il controllo del ghiacciaio del Siachen (tra i 5000 e i 7500 metri), all’estremo nord del confine indo-pakistano.

Una guerra in dormiveglia, pronta a improvvise impennate: il pomo della discordia sono 70 chilometri di ghiaccio (nella regione del Siachen) di incerta attribuzione. La questione è ‘molto semplice’: la linea di demarcazione tra i due stati, giunti nella parte più settentrionale, si ferma nel cosiddetto punto NJ9842. Da lì in poi (verso nord) il ghiacciaio resta ‘scoperto’ e privo di linea di confine.



Al momento della tracciatura dei confini, non ci si è di certo posti il problema di impegnarsi in cresta per andare a ‘dividere’ l’ultima parte del Siachen… Succede che nel 1984 l’India occupa alcune posizioni ‘strategiche’ nella vallata. La reazione del Pakistan è immediata: all’India viene contestata l’invasione territoriale. Da qui in poi, è storia di soldati morti in modo assurdo e per una motivo che collassa su se stesso.



Sono migliaia i morti fino ad oggi, molto più spesso che dai proiettili dell’artiglieria, ammazzati dal freddo, dagli edemi polmonari e cerebrali: giovani soldati mandati al macello, privi di un’adeguata preparazione per l’alta montagna che ci lasciano le penne, con almeno 8 casi di edema al mese.



Migliaia i morti, ma non i dollari che si spendono, dal momento che l’India – il paese con l’80% della popolazione costretta a sopravvivere con un reddito di 2 dollari al giorno – spende milioni (8 per la precisione) di dollari al giorno per mantenere questo conflitto e alimentare questa cellula impazzita.



Migliaia di litri di kerosene, che rappresenta la linfa vitale di questa subdola guerra, la materia prima per il riscaldamento e il funzionamento dei generatori vari, vengono portati alle postazioni pakistane coi muli, tutti i giorni e da oltre 20 anni. Alcune taniche di carburante vengono invece lanciate dall’alto, coi paracadute, ma spesso si schiantano al suolo, perdendo il loro contenuto ai piedi del ghiacciaio.



L’india ha pensato di organizzarsi meglio, con un sistema di tubi in plastica lungo 250 chilometri, che porta il kerosene direttamente dalla pianura al ghiacciaio del Siachen: naturalmente non sono stimabili i danni causati dalle perdite del difettoso impianto, anche se sembra purtroppo che circa 3000 litri al giorno di kerosene finiscano praticamente in una delle più preziose risorse per 300milioni di persone, il fiume Indo. Se questo non bastasse, si aggiunga che, tra rifiuti chimici, metallici e organici, i due eserciti in quota scaricano oltre 1000 tonnellate di immondizia al giorno.



Con il 2002 (anno internazionale delle montagne) un gruppo di alpinisti formato da Indiani e Pakistani ha proposto l’apertura di un parco naturale della pace nella regione del Siachen. Proposta questa che ha subito trovato il sostegno di numerose e autorevoli voci (Nazioni Unite, Unione internazionale dell’alpinismo, Club alpini europei e singoli alpinisti di fama internazionale), ma fino ad oggi senza alcuna risposta da parte dei diretti interessati.



Secondo un alto graduato (oggi in pensione) dell’esercito indiano, la cui testimonianza è riportata nell’interessante film reportage “Siachen, una guerra per il ghiaccio”, di Mario Casella e Fulvio Mariani, porre fine alla guerra non conviene, soprattutto al Pakistan, che regge il governo del paese con l’esercito, la cui esistenza è giustificata dal conflitto territoriale con l’India…



Lo spreco di risorse, lo scempio ambientale, la perdita di vite umane, dovrebbero essere già di per sé sufficienti a dire basta e a fermare le ostilità. Ma sembra che la soluzione sia davvero molto lontana ammesso che – a questo punto – ci sia.







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