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Il mantello maculato del pardo ricopre Locarno e non perde un grammo di fascino, a cominciare dalla celluloide, per finire con le feste notturne che rappresentano l’ossatura della notte festivaliera. Giorni di cinematografia a tutto tondo qui sul lago maggiore, in canton Ticino. Il Festival Internazionale del film di Locarno, 58esima edizione, entra nel vivo. Ebbene, a tener banco, per dirla tutta, non è solo cinema, concorsi e premi, ma (soprattutto in questo momento di “passaggio”) una sorta di “toto-direzione”.



Dopo cinque anni di direzione artistica, infatti, Irene Bignardi ha annunciato che non rinnoverà il contratto (i più attenti si ricorderanno che già al primo anno di direzione, disse che il suo percorso qui non sarebbe andato oltre il lustro): verosimilmente il 14 agosto, ossia quando il CdA del festival si riunirà, si verrà a conoscere il nome del direttore artistico per il prossimo triennio. Due i nomi più accreditati, Frédéric Maire e Jean Perret.



Per tornare al cinema, e alla cronaca, ebbene, ieri è stata premiata l’attrice americana Susan Sarandon, 59 anni, bellissima, che ha ricevuto nella centralissima Piazza Grande a Locarno l’Excellence Award, un riconoscimento alla carriera portatole dalle mani di Irene Bignardi e terzo (in ordine di assegnazione) premio nel corso di questo festival dopo i pardi d’onore ai registi Wim Wenders e Abbas Kiarostami. Ancora da consegnare l’Excellence Award a John Malkovich e al maestro della fotografia Vittorio Storararo.



www.pardo.ch



Visto per voi: “Shooting Magpie”

Regia : Amber production team

2005

Beta digital PAL

Colore – 80′

Inglese sott. Francese




immagine tratta dal film - www.pardo.chShooting Magpie concorre nella sezione video. Un film crudo a sfumature ‘indipendenti’: per i contenuti, la fotografia, le riprese, i dialoghi; ma Shooting Magpie è soprattutto un film di denuncia sociale, ultimo atto di una trilogia girata dal “collettivo Amber”, gruppo di registi fondato nel 1968, “quando questo tipo di aggregazioni erano più semplici”, come sottolinea uno dei registi intervenuto in occasione della proiezione locarnese.



Ottanta minuti di pellicola dedicati a una storia vera, in cui i confini della fiction e del documentario si confondono. Dove finisce la fiction, dove inizia la realtà: la storia narrata è vera. Sono vite che si incrociano nel contesto territoriale della città postindustriale di Durham, in cui la tristezza dei paesaggi – il cielo cupo, le alte scogliere erbose, il mare blunotte solcato da navi da carico simbolo dell’allontanamento e del ritorno perenne, le ciminiere dai fumi bianchi – fanno eco al male di vivere degli abitanti del luogo.



Shooting Magpie, ovvero un realismo persino straziante che racconta di Emma, Ray, Barry. Emma ha poco più di venti anni, due bambine ed un compagno eroinomane che fallisce l’ennesimo tentativo di disintossicazione. Ray è un commerciante d’oro, pochi scrupoli: la sua vita si intreccia con quella del giovane Daeno che, tra cavalli e depressione, finirà suicida.

Barry lavora con gli adolescenti, ma resta sul filo del rasoio col figlio adolescente in un rapporto difficile minato da situazioni più o meno contingenti.



Altri personaggi costellano questo piccolo mondo “sotterraneo”: l’homeless che illumina lo spettatore sulla fine di Daeno nel simbolico gesto di indossare le scarpe che il giovane abbandona sul prato prima di gettarsi nel vuoto; il poliziotto ‘umano’ – troppo umano – che fallisce allorquando cerca di aiutare Emma; l’uomo di mano di Ray; il pusher dalla parlata slang…

Crudo e vero.



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