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Il Parco Nazionale della Valgrande, situato in terra piemontese tra l’Ossola e il Lago Maggiore ed in prossimità del Canton Ticino, costituisce la più grande area “wilderness” d’Italia e delle Alpi.

La Presidentessa del Parco dott. Franca Olmi, nella sua prefazione al libro – edito da Alberti e scritto da Daniele Barbaglia e Renato Cresta – la definisce come “un piccolo Nepal” alle porte della civiltà: dista infatti solo 100 km da Milano e 150 da Torino e solamente 10 km dalla zona turisticamente forte e frequentata del Lago Maggiore. Il volume di 262 pagine è corredato da oltre 220 foto. Gli autori, oltre ad aver personalmente colloquiato con quelle persone che sono stati gli ultimi abitanti dei luoghi descritti, hanno, come si suol dire, girato in lungo e largo l’intera Valgrande già dagli anni in cui questa valle non era ancora divenuta “di moda”, come è attualmente grazie anche alla recente (pochi decenni) creazione del “Parco della Val Grande” e di altre associazioni di amici, come ad esempio “Gli Escursionisti della Valgrande”, che hanno diffuso l’amore per questi affascinanti luoghi.

La valle è stata dapprima divisa in tre zone: Alta Valgrande, Bassa Valgrande – Val Pogallo e Le Ali del Parco; a loro volta le tre zone sono state ulteriormente suddivise in ventidue valli interne. La percorrenza pignolesca di tutte le valli e le vallette della Val Grande, della Val Pogallo e delle valli di accesso (definite dagli autori “Ali del Parco”) e la ricognizione diretta di tutti gli alpeggi descritti hanno permesso a Barbaglia e a Cresta di acquisire una ottima conoscenza di un territorio in rapidissima trasformazione. Nelle intenzioni degli autori, il libro non vuole essere una guida escursionistica e nemmeno una lode dei tempi che furono – e che non potranno ovviamente tornare – ma desidera semplicemente descrivere un angolo interessante dell’universo amato dai frequentatori della montagna con particolare riguardo agli alpeggi (interessanti e splendide le foto), per lo più ormai diroccati e fatiscenti.

I due autori hanno raggiunto gli alpeggi talvolta ripercorrendo il più fedelmente possibile le vie della transumanza (antichi itinerari seguiti dagli alpigiani con i loro armenti – strà di vacch”- ), mentre altre volte i trasferimenti da un alpeggio all’altro sono avvenuti lungo i raccordi di collegamento oppure lungo i difficili sentieri che erano percorsi dai soli alpigiani per i rifornimenti e per il trasporto a valle dei prodotti dell’alpe (strà a pedui). Le mappe che precedono ogni capitolo sono state disegnate allo scopo di far rapidamente comprendere l’itinerario che verrà descritto nel testo. La scala, variabile da mappa a mappa per permetterne il dimensionamento entro lo spazio disponibile e l’imprecisione nella collocazione dei simboli topografici non le rendono adatte ad un uso “sul campo” ma alla sola comprensione degli antichi percorsi descritti: gli autori hanno perciò utilizzato le vecchie tavolette I.G.M. 1/25.000 (rilevate negli anni ’30).



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