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Articoli d’annata dalla Rivista Mensile del Cai (decennio 1960 -1969) per l’ultimo volume un po’ “vintage” della collana “campo quattro” di Priuli & Verlucca: “Il meglio degli anni ’60 – L’alpinismo della Rivista del Cai” (euro 18,50). I curatori Alessandro Gogna e Alessandra Raggio hanno raccolto i pezzi accompagnandoli con una breve analisi critica. 

Senza dubbio in quel decennio la Rivista mensile era “il” punto di riferimento dell’alpinismo italiano, essendo lo Scarpone l’unico concorrente di carta stampata e mancando internet. La Rivista mensile era nata nel 1879 e aveva documentato periodi cruciali dell’alpinismo, da quello esplorativo all’epopea del sesto grado, alle imprese eroiche del dopoguerra. Gli autori si sono però concentrati su un decennio in cui l’alpinismo era ancora “di conquista”, ma già conteneva i germi di profondi cambiamenti di stile.

Negli anni ’60 le grandi realizzazioni, soprattutto solitarie ed invernali sulle Alpi e alcune prime himalayane, trovavano “voce” e visibilità sulle pagine della Rivista, in articoli che i curatori giudicano “di grande spessore, se non letterario, di sicuro alpinistico”. In quegli anni la Rivista pubblicava firme destinate a diventare prestigiose da Reinhold Messner ad Armando Aste, da Toni Hiebeler a Cosimo Zappelli. Il Monte Bianco, il Monte Rosa, il Cervino, il Civetta, il Campanil Basso, l’Agnèr e la Torre Trieste, il Kanjut Sar e l’Everest sono solo alcuni dei luoghi teatro di imprese che circa cinquant’anni dopo conservano intatta la loro grandezza.

Molti degli articoli ci riportano a un alpinismo di “frontiera”,  mai osato prima. La parete viene salita “metro su metro con fatica inumana” fino al coronamento finale di lacrime e soddisfazione. Sofferenze e gioia finale, la comprensione degli sforzi fatti da parte degli altri alpinisti, la confessione di piccoli ingenui incidenti (la perdita di un sacco con viveri e fornello a metà di una via, il prendere tra i denti un chiodo a venti gradi sotto zero, con le inevitabili conseguenze sulla lingua…) sono gli ingredienti semplici ma efficaci delle letture che hanno nutrito molti alpinisti della generazione appena passata.

Oltre alle imprese una parte del libro è dedicato alle idee. Accanto alle discussioni sul sesto grado e sull’arrampicata artificiale, qui trovano posto scritti esemplificativi di quanto siano cambiati i tempi: il dibattito sulla mancata ammissione delle donne nel Club Alpino Accademico ne è un esempio. Accadeva nel 1966.  Neppure mezzo secolo fa, ma quante giovani alpiniste ricordano oggi quel periodo? Uno sguardo al passato, soprattutto se raccolto in un unico comodo volume, non guasta.

 

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