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Nella relazione, intitolata Tan m'abellis, sui rapporti di Dante con la lingua e la poesia occitana, Andrea Maia, partendo da alcuni esempi di emulazione o quasi traduzione di testi poetici occitani presenti nella Commedia, intende indagare sul rapporto del maggior poeta della lingua del sì con la cultura e la poesia della lingua d'oc.

Ci sono almeno tre settori, o ambiti, in cui Dante dimostra il suo interesse verso la lingua e la produzione lirica occitana: come critico e storico della poesia, come verseggiatore delle rime giovanili, come creatore del poema.

Dante filologo, nel De vulgari eloquentia, si occupa con la competenza del conoscitore delle tre fondamentali letterature romanze, anzi è lui che "inventa" il nome delle tre lingue, utilizzando la particella asseverativa di ciascuna (oc, sì, oïl), e cita versi, autori, tematiche, sottolineando la stretta connessione, nel settore poetico, tra poeti occitani e toscani, e indicando se stesso come "l'amico di Cino da Pistoia".

Dante rimatore, fin dalla prima giovinezza, dichiara il suo debito con i rimatori di Occitania, in particolare con Arnaut Daniel, nel quale egli trova un modello nell'utilizzo del trobar clus e di alcune ardue tecniche metriche, quali la sestina; ma anche in opere più mature, come la Vita Nuova, appare evidente come la scelta del prosimetro, cioè della mescolanza di prosa e di versi derivi dall'uso, nei canzonieri occitani, di accostare alle pagine in versi quelle in prosa delle vidas e delle razòs. Infine, nel poema, Dante offre un notevole spazio, come personaggi, a quattro poeti che scrivevano in lingua d'oc: uno nell'Inferno, uno nel Paradiso, due nel Purgatorio, non a caso la cantica in cui sono privilegiate le tematiche artistiche e metapoetiche. Nel canto XXVIII della prima cantica appare Bertran de Born, punito fra i seminatori di discordia, già cantore della guerra e nella nona bolgia vittima della violenza, che se ne va reggendo per i capelli il proprio capo mozzato (aveva spinto alla ribellione Enrico III d'Inghilterra contro il padre).

Nella terza cantica si incontra, nel canto IX, Falchetto di Marsiglia, poeta d'amore, poi vescovo e crociato contro gli Albigesi. Nella seconda cantica Dante incontra Sordello da Goito, fustigatore di prìncipi ed occasione per l'invettiva all'Italia del canto VI e poi, soprattutto, Arnaut Daniel, tra i lussuriosi, nel canto XXVI, che egli definisce maggior fabbro del parlar materno ed a cui concede di esprimersi nella propria lingua, con un privilegio inconsueto, che sottolinea l'ammirazione di un poeta per un altro poeta e l'omaggio di una cultura letteraria (quella italiana) ad un'altra: quella occitana.

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