Select Page

Il nostro obbiettivo è esplorare l’estremo nord est dell’Afghanistan, conoscere il fondo della valle del Wakhan, raggiungere a cavallo il Pamir, guardare verso la Cina e scoprire nuove montagne da scalare e sciare. Conosco Susy da 3 mesi, ci siamo trovate per sciare a Courmayeur dopo un contatto su internet: lei vuole andare con gli sci in Afghanistan e io sto cercando disperatamente da mesi una persona che sia entusiasta quanto me di partire.

La strada che Susy ed io percorriamo nella nostra spedizione è quella seguita da Marco Polo, il padre Niccolò, lo zio Matteo e il loro seguito per entrare in Cina, è il sentiero che attraversa l’altopiano del Pamir. Marco Polo scrive: “Quando l’uomo si parte di Baudascia, (oggi Badakhshan) si va dodici giornate tra levante e greco su per un fiume…e questa si dice la più altamontagna…E per questo piano si va bene dodici giornate senza abitazione, nè non si truova che mangiare, se altri noà lo vi porta. Niuno uccello non vi vola, per l’altro luogo e freddo; e’ fuoco non v’ha il calore ch’egli hae in altre parti, né non è così cocente colà suso”.
Oggi, dopo più di 700 anni, la descrizione di Marco Polo è ancora valida, sono cambiate poche cose e poche persone da occidente si sono spinte così ad est nel Pamir Afghano, si possono infatti contare sulle dita delle mani i viaggiatori arrivati al Lago Chaqmqtin.
La quota dell’altipiano è tra i 3.800 e i 4.000metri, c’è molta neve sulle montane, uccelli se ne vedono pochissimi, gli alberi non esistono, se non pochi sporadici cespugli lungo i fiumi che la gente qui chiama “foreste”… I villaggi incontrati sul percorso sono solo delle singole case abitate da pastori, oppure sono ricoveri estivi ancora abbandonati in questo periodo.
I tempi di percorrenza della valle si sono poco accorciati dal 13° secolo, oggi con l’uso del fuoristrada si può raggiungere il villaggio di Sarhad-e-Broghil. Per entrare nel Pamir si usano ancora i cavalli o gli yak o le gambe. Noi abbiamo percorso il cammino lungo il fiume per 5 giorni, alternando le ore a piedi con quelle a cavallo, sino al Lago Chaqmartin, dove vivono i Kirghisi, la popolazione di origine mongola che abita il Pamir tutto l’anno.

La stagione invernale è estrema quest’anno, i nostri programmi cambiano in funzione delle condizioni meteo e dell’abbondante neve ancora presente su tutti i passi di accesso alle valli del Pamir. Il Women Peak 6.600m che pensavamo di salire è ancora inaccessibile attraverso il Kotal Pass 4.820m. Decidiamo di valicare il passo con la quota più bassa il Daliz Pass a 4.267m e seguiamo così fedelmente il viaggio di Marco Polo attraverso l’altipiano del Pamir.

30-5 – Dopo aver attraversato in auto per due giorni su una jeep il polveroso fondovalle del Wakhan arriviamo in un’oasi di pace e verde: Sarhad-e-Broghil situata a 3.000m. Alle spalle del villaggio la valle termina a est, chiusa da un colle, ma crea una piana enorme, dove il verde dei prati fa piacere agli occhi, e ci sono anche le “hot spring”! Abbiamo l’impressione di essere arrivate alla fine del mondo, ci avvolge un’atmosfera insolita, siamo arrivate alla fine del Wakhan; si percepisce che la lunghissima valle lunga quasi 300km, in questo punto finisce fisicamente. Il Wakhan termina per aprirsi sulla nostra meta: l’altopiano del Pamir.

31-5 – Prima di partire con i cavalli verso il Pamir facciamo tappa nella tranquillità di Sarhad-e-Broghil e nella bella Guest House di Chaquan Bhoy. La cima vergine più vicina ci attira subito e così il giorno dopo saliamo il “SuzAnna Peak” 4.660m: la giornata comincia con il guado del fiume a cavallo con gli sci sotto braccio! Proseguiamo per tracce a piedi e poi per l’evidente canalone con gli sci e in 5 ore raggiungiamo la cornice che permette di guardare in basso sul Broghil Pass 3.882m, il passo di collegamento tra Afghanistan e Pakistan. Lasciamo gli sci in prossimità della cresta, e mentre Susy si gode il panorama e riprende, raggiungo la cima con una breve e delicata scalata, la cima è molto stretta e affilata, la vista sulle montagne pakistane è spettacolare.
In discesa ci accompagna un ottimo firn che sarà la condizione della neve di tutte le prossime salite e discese.

1-6 – Di buona mattina ci alziamo per caricare i cavalli e preparare il nostro ingresso in Pamir, ma riusciamo a partire solo alle 7 del mattino per alcuni problemi con i cavalli, il ritardo accumulato non ci permette di passare il Daliz Pass! Sono infatti le 10.00 del mattino quando arriviamo nei pressi del passo e incontriamo una carovana di Yak e Kirgisi che ci sconsigliano di salire perché la neve è troppo molle e impossibile a passare. Non ci resta che accamparci sul colle sottostante a 3.800m. Susy ed io dopo aver montato le tende pensiamo alla stessa cosa, tirare fuori gli sci e le pelli e salire i bei pendii a nord alle nostre spalle.
Non è più presto e il caldo si sente, la neve è trasformata, ma marcia sulla superficie. A quota 4.000m la neve ha uno strato superficiale pericoloso e quindi decidiamo di scendere.
Nessun aereo o elicottero vola da queste parti perché siamo troppo vicino al confine con la Cina, siamo lontano diverse centinaia di chilometri da qualsiasi soccorso. I militari dell’UE più vicini a noi sono a Feyzabad e ci rincuora sapere che loro sanno della nostra presenza qui, ma non vorremmo abusare della loro gentilezza…
Guardando bene la montagna direttamente sopra al colle c’è una lingua senza neve che sale molto in alto, così  decido di andare a dare un’occhiata mentre Susy rientra al campo.
Comincio a risalire verso la fine della neve e vedo delle slavine superficiali con le stesse condizioni di neve di poco prima. Lascio gli sci sui sassi e proseguo con i ramponi, seguo la cresta e con facili passaggi su roccia raggiungo la cima in 2 ore. Trovo 3 ometti di pietra! La montagna si chiama Grik Peak 4.300m ed è stata salita da 2 tedeschi con la nostra guida Afyat alcuni anni fa.

2-6 – Oggi dobbiamo valicare il Daliz Pass, che ci ha fermato ieri! Il canale che sale al colle è pieno di neve e i cavalli faticano. Uno sprofonda e si taglia con un sasso, perde molto sangue, nella caduta ha anche perso il carico che rotola in fondo al canale. Noi scattiamo foto e filmiamo, poi la salita si fa ripida e gli animali cominciano a perdere i carichi, così mettiamo le cineprese negli zaini e aiutiamo gli uomini a tenere i cavalli o i sacchi trasportati. Come se non bastasse io ho la dissenteria…
Sul colle scarichiamo i cavalli e portiamo a spalle il materiale, ma è penoso vedere i cavalli sprofondare fino alla pancia nella neve, coricarsi su un fianco per la fatica e rifiutarsi di proseguire. Siamo tra i primi a passare il passo in questa stagione, e ci viene qualche rimorso…
Alla fine tutto viene risolto, i cavalli stanno bene e noi ci meritiamo la bellissima discesa in sci dal passo, 700 metri di dislivello nel canale principale, mentre la nostra carovana segue il sentiero non più innevato!
Arriviamo a Zankuk  a 3.400, un ricovero estivo ancora abbandonato, dopo 11 ore di cavallo………io e Susy montiamo la tenda in mezzo al recinto delle capre, unico posto in piano. Iamo nella m….!

3-6 . Al mattino ci aspetta una sorpresa: due dita di neve coprono tutto quello che c’è intorno a noi.
La carovana procede al ritmo degli animali e noi come sempre un po’ cavalchiamo e un po’ camminiamo. Il tempo è pessimo, tira vento, nevischia e fa freddo dopo aver fatto una breve tappa a Bozai Gumbaz  e aver bevuti the con i kirgisi del villaggio, decidiamo di sistemare il campo poco più a nord a 3990m.
Siamo bagnati, sotto la neve montiamo rapidamente la tenda cucina e paghiamo i cavalli agli uomini Wakhi che ci hanno accompagnato fino a qui. Loro indossano le coperte dei cavalli sopra alle spalle e i loro occhi brillano di ringraziamento quando vedono i soldi. Il nostro trek infatti gli ha consegnato quasi il guadagno di un anno. Strette di mano e poi scompaiono nella nebbia.
4-6 Al mattino scuotiamo la neve dalle tende, una spanna di neve è scesa durante la notte, ma poi esce il sole e in un’ora è quasi tutto sciolto. Susy ed io mangiamo cous cous per pranzo, poi prendiamo gli sci e puntiamo la montagna più vicina. In 2,30 ore siamo in cima ad un perfetto “Ski Peak” 4.760m e riusciamo a vedere finalmente, ad una giornata di cammino verso est, la nostra meta: Il Lago Chaqmaqtin. La discesa la effettuiamo sul versante opposto a NE e riusciamo a scendere molto in basso.
5-6 Il tempo continua ad essere variabile è più caldo oggi. La visibilità è perfetta e ci aspetta l’altra montagna sopra al campo.  In compagnia di Afyat questa volta saliamo sul “Grivel Peak” 4.670m e anche questa volta la discesa è spaziale!
7-6 Lunga giornata di trasferimento al Lago Chaqmaqtin con discussione animata sul prezzo dei cavalli con il 1° figlio di Apandi Bhoy, noto fumatore di oppio.
8-6 Pudding per colazione, che ormai è l’unica cosa nutriente rimasta nei viveri, oggi il tempo è brutto e ci concediamo una giornata di riposo, possiamo anche lavare le mutande!
9-6 La montagna alle nostre spalle si presta per un’ottima sciata, saliamo per cresta su roccia e scendiamo la spalla del”Donne Peak” 4.800m, con pendenze di 35-40°.
10-6 Oggi è il giorno per rientrare, scattare le ultime foto e raggiungere Clap, e il suo capo Butu Bhoy, il villaggi Kirghiso che ci accompagnerà fino a Sarhad-e-Broghil. Ci aspettano 4 giorni a cavallo, 2 in jeep attraverso il Wakhan e altri 2 sempre in fuoristrada, in Tajikistan, lungo il fiume Oxus, per arrivare alla capitale Dushambé.

E’ un viaggio ricco di storia, di storie diverse e incedibili: dall’invasione russa del ’79 dove Bozai Gumbaz era un posto di controllo fondamentale per i confini di Cina, Tajikistan e Pakistan. Alle storie dell’americano Doctor Greg Mortenson e delle sue scuole, l’ultimo libro termina proprio parlando della scuola, non ancora inaugurata, che abbiamo visto a Bozai Gumbaz. Per non parlare delle storie di oppio e di Apandi Bhoy. Il viaggio di Marco Polo attraverso queste valli.

Share This