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Avere la stessa età del festival per certi versi è demoralizzante: si invecchia e il festival ringiovanisce di anno in anno, diventa sempre più social, inventandosi il “social” festival e la nuova App. Questa sarà probabilmente disponibile dal 2 maggio per inconvenienti sorti all’ultimo momento, ma il social festival, quello reale e non virtuale, è un luogo di incontri che sembra funzionare bene. Ci sono gli appuntamenti quotidiani delle 12 con Sergio Fant, responsabile del programma cinematografico e i registi dei film in proiezione e l’atmosfera è informale e piacevole. Fa bene vedere tanti giovani interessati frequentare i cinema e le serate, accanto a personaggi inossidabili che continuano a calcare la scena, Reinhold Messner in testa, che hanno però ancora molto da raccontare e continuano a ispirare proprio i giovani. Sapersi promuovere su face book e altri social sembra peraltro il modo migliore per trovare sponsor: sono le idee e i followers che si hanno, più che abilità ed esperienza (che pure ci vogliono per portare a buon fine i progetti) che fanno la differenza, come faceva notare un articolo di Outside on line (Is social media screwing over explorers? di Davon O’Neil del 20 aprile 2016). Insomma bisogna adeguarsi anche a seguire il festival, o scegliere di fare gli “orsi” da buoni alpinisti d’antan.

Il tema della protezione dell’ambiente interessa sempre di più proprio i giovani che vedono i risultati delle sconsiderate politiche ambientali di chi ha governato il mondo negli ultimi sessant’anni. Il rapporto tra uomo e ambiente è stato un po’ il filo conduttore della prima giornata di proiezioni del Filmfestival e della serata evento condotta da Luca Mercalli e don Luigi Ciotti dal titolo “Crisi ambientale e crisi etica”. Nell’occasione Papa Fancesco ha rivolto agli organizzatori, ai relatori e ai presenti tutto il suo beneaugurante pensiero con una lettera in cui auspica un rinnovato impegno nel riconoscere e preservare la bellezza del creato dono incomparabile di Dio. Nel pomeriggio meritava forse ancor più attenzione la proiezione speciale di “La Glace et le Ciel” di Luc Jacquet, sulla figura di Claude Lorius, glaciologo francese che con i suoi numerosi viaggi in Antartide è stato tra i primi a lanciare l’allarme sul riscaldamento globale.

Al Festival è però arrivato anche l’Alpinismo, quello con la A maiuscola, con tanti film e l’Urban Boulder contest che ha popolato le vie di Trento di buffi climber con crash-pad sulle spalle e con il bel tempo ha fatto scoprire insospettabili palestre dove esercitare le proprie capacità atletico – arrampicatorie, tra muri e serrande di negozi.

Tra i film da segnalare la prima italiana di “Meru” di Jimmy Chin, in proiezione 1 e 4 maggio), che racconta la straordinaria esperienza di tre amici (lo stesso Jimmy Chin, Conrad Anker e Renan Ozturk, anche lui film maker) mentre tentano di completare la scalata alla “pinna di squalo” del Meru, una delle pareti più ripide dell’Himalaya, portata a termine nel 2011 dopo un primo tentativo nel 2008. Con immagini spettacolari il film racconta anche l’avventura umana dei tre protagonisti, a vario titolo duramente provati dalla “montagna”, le riflessioni sul rischio in rapporto ali affetti familiari, la volontà ferrea di Renan Ozturk di ristabilirsi dopo un grave incidente di sci.

Nella sezione Alp&Ism da vedere “A line across the sky” (replica il 3 maggio) di Peter Mortimer, sulla traversata del Fitz Roy di Tommy Caldwell e Alex Honnold, che dimostrano che l’alpinismo, anche quello estremo, è divertimento, pur soffrendo un po’. Ci sono i ritratti di Chris Bonington, “Chris Bonington. Life and Climbs” di Vinicio Stefanello (replica il 3 maggio), “Jurek”, dediciato al grande alpinista polacco Jerzy Kukucza, e  “Tom” (replica il 4 maggio), storia autobiografica del figlio dell’alpinista inglese Alison Hargreaves morta sul K2 quando lui aveva solo sei anni. “Panaroma” racconta una delle arrampicate più difficili del mondo e “Climbing Higher” di David Calek, fa scalare l K2 in prima persona.

Simone Moro e Tamara Lunger, oltre che protagonisti della serata evento di giovedì 5 maggio, sulla loro recente spedizione al Nanga Parbat, sono interpreti di due video, rispettivamente “I-Views”, riguardo l’ avventura come pilota di elicotteri e il sogno di portare l’elisoccorso in Himalaya e “Tamara” (entrambi replicati il 5 maggio).

Il concorso è continuato con “The Place” sui custodi della stazione meteorologica sul monte Kasprowy Wierch, sui monti Tatra in Polonia, spesso isolati dal mondo, “Andermatt. Global Village”, dove per il paesino della Svizzera, si prospetta la possibilità di aprirsi al turismo globale grazie agli investimenti del magnate egiziano Samih Sawiris, “cApeNorth” cortometraggio di Francesca Casagrande e Michel Dalle sulla storia di due ragazzi Henry e Ludovico che hanno percorso circa diecimila chilometri tra andata e ritorno per raggiungere Capo Nord da Aosta a bordo di una mitica Ape Piaggio (replica il 5 maggio), il commovente “My love, don’t cross the river” di Jin Mo-Young, su una coppia di coniugi 90enni, in Corea del Sud, che vivono insieme da settantasei anni, “Limites” di Giulia Landi e “Cafè Waldluft” di Matthias Koflmehl ambientato in una storica località turistica ai piedi delle alpi settentrionali salisburghesi dove oltre due anni la proprietaria del Cafè Waldluft, una storica residenza turistica, che ospita diversi rifugiati mediorientali e africani.

Da segnalare il 2 maggio alle 17 la proiezione di “Solo di cordata”, ritratto di Renato Casarotto, realizzato con materiali di repertorio inediti e “K2. Touching the sky” (replica il 4 maggio) sulla intima storia dei figli degli alpinisti morti sul K2 nel 1986. Infine molto atteso alle 21 del 2 maggio al Supercinema Vittoria l’anteprima nazionale di “Out of Nature” di e con il norvegese Ole Giaever che racconta la crisi di un quarantenne che cerca soluzioni trascorrendo un weekend solitario a contatto diretto con la natura.

di Oriana Pecchio

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