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Dormire o non dormire. Questo il problema, non da poco, che affligge molti escursionisti e alpinisti che soggiornano al di sopra dei tremila metri. I disturbi del sonno in alta quota sono molto diffusi e probabilmente non riconducibili soltanto alla diminuzione della pressione dell’ossigeno nell’aria: il freddo, la sistemazione non sempre delle più comode (materassi e materassini di rifugi e tende non sono come il letto di casa), il russare del vicino di letto o i canti di chi pensa di sfruttare l’insonnia per stare in compagnia, non sono elementi che predispongono al sonno.

Già in passato un farmaco induttore del sonno, una benzodiazepina che viene metabolizzata abbastanza rapidamente, il temazepam, era stato studiato ad alta quota: con basse dosi (10 mg) miglioravano le qualità soggettive del sonno e diminuivano i periodi di respiro periodico. Nonostante questi pareri favorevoli i frequentatori dell’alta quota sono sempre stati riluttanti all’uso di questo farmaco, nel timore che causasse una diminuzione della ventilazione, come in effetti fa il diazepam (Valium), capostipite della categoria delle benzodiazepine.

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Uno studio pubblicato recentemente sul Journal of Sleep research  sembra confermare l’efficacia del farmaco ed escludere suoi effetti collaterali. Il temazepam è stato provato durante una spedizione scientifica in Nepal, a 5000 metri di quota, raggiunta dopo un trekking di 17 giorni con partenza da 400 m di altitudine. Il temazepam al dosaggio di 10 mg, confrontato con un placebo,  riduce il respiro periodico senza avere effetti avversi sulla performance del giorno successivo, valutata con test sui tempi di reazione e con test cognitivi e non influenza il mal di montagna acuto.

La qualità del sonno, tuttavia, nello studio in questione, non sembra cambiata rispetto al placebo e rimangono aperte alcune questioni. Il farmaco sarebbe altrettanto sicuro se occorresse una decisione rapida nel mezzo della notte, prima che sia stato metabolizzato, o dopo un’ascensione più rapida o a quota superiore di quella in cui è stato testato? Ulteriori studi sono necessari prima di poterne effettivamente consigliare l’uso. Inoltre in Italia il farmaco è disponibile solo in capsule gelatinose da 20 mg, praticamente indivisibili.

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