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Il progetto si chiama Endangered Languages  (lingue in pericolo) e vuole cercare di salvare alcune delle 3.500 lingue, delle quasi 7.000 parlate al mondo e tra queste anche il mòcheno e il cimbro. A scendere in campo per questa missione di salvataggio di antichi idiomi è nientemeno che uno dei massimi segni della modernità Google.
Il metodo è molto semplice: chiunque parli o conosca una lingua in via d’estinzione può caricare scritti e registrazioni vocali sul sito www.endangeredlanguages.com. Un gruppo di esperti provvederà poi all’archivio e al continuo aggiornamento dei contenuti, accessibili a chiunque sulla rete.

Perdere una lingua vuol dire perdere tutto un patrimonio di conoscenze accumulato in secoli di storia. In un idioma è contenuta non solo l’unicità irripetibile di un approccio al mondo e alla vita, ma anche una miniera di tesori per linguisti, antropologi, zoologi e anche farmacisti e chimici: se è vero che il 75% delle medicine di derivazione vegetale deriva da rimedi  presenti nella tradizione.

Pare che ormai dei 7.000 idiomi dell’umanità, solo il 10% sarà tramandato ai posteri, i primi dieci sono usati dal 50% della popolazione mondiale: cinese mandarino, inglese, hindi-urdu, spagnolo, arabo, russo, bengalese, portoghese, francese, giapponese. L’italiano è al dodicesimo posto. Tra le lingue a rischio ce ne sono 14 diffuse nella nostra penisola, è il caso del cimbro, del mòcheno.
La scomparsa delle lingue non è un fenomeno nuovo; è sempre accaduto nella storia. Oggi però i decessi sono aumentati in maniera esponenziale a causa della globalizzazione che impone un numero ristretto di lingue.  

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