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A cavallo dell’arco alpino nord occidentale, tra alcune delle montagne più alte d’Europa( il Monte Bianco e il Gran Paradiso), compreso in tre diversi Stati: Francia, Italia e Svizzera, collegato attraverso i valichi del Piccolo e Grande San Bernardo e Moncenisio ,oltre al tunnel del Monte Bianco, si trova l’area linguistica e culturale francoprovenzale. La zona è bagnata dal Rodano e comprende alcuni tra i più estesi laghi alpini come il Lemano, Annecy, Bourget.Le sue principali città sono: Lyon, Grenoble, Chambery, Genève, Lausanne, Sion ,Aosta e Susa.
In Svizzera sono francoprovenzali i Cantoni romandi di Ginevra, Vaud, parte del Vallese, e Fribourgo.
In Francia è francoprovenzale una vasta zona a sud est comprendente in particolare: la Savoia ( due dipartimenti), parte del Delfinato,la Bresse, il Forez, la regione lionese
In Italia sono francoprovenzali la Valle d’Aosta, la maggior parte delle valli della provincia di Torino ( Val Sangone, media e bassa Val di Susa,Val Cenischia, Valli di Lanzo, Valli Orco e Soana) e l’isola linguistica in Puglia costituita dai comuni di Celle San Vito e di Faeto in provincia di Foggia.

In una zona così frammentata dal punto di vista politico,  l’utilizzo del francese si impose a più riprese come lingua veicolare, amministrativa  e della cultura a partire dal 1560 quando divenne lingua ufficiale di tutti i domini dei Savoia. Solo dopo l’Unità d’Italia , il francese fu progressivamente accantonato  e venne adottata una campagna di assimilazione linguistica che tentò di italianizzare toponomastica e cognomi. Questo provocò una rivolta popolare e nel 1925 venne fondato un movimento partigiano di lingua francese, L’Union Valdôtaine, tuttora primo partito valdostano.

Pare che l’origine del francoprovenzale risalga al neolitico, quando l'uomo si stabilì per la prima volta sulle montagne (3000 a.C. circa), prima che vi arrivassero i Celti.
Con ogni probabilità si può far risalire a quell’ epoca termini come "tsamon in valdostano/ tchamos" in valsoanino, "alp/arp", da cui "arpian" e "inarpè d ésarpè", come anche "roise" ghiacciaio che si ritrova in vari toponimi quali la Rosa dei Banchi, il Monte Rosa, ecc; "merdzié"Pmurdjiri" (pietre tolte dal terreno e ammucchiate tutte insieme per poter lavorare un campo), termine che si ritrova nelle Dolomiti ("mozena, mosna"). Anche "laventse / lavéntchi" e cllapei/"quiapei" (Klap" nel Friuli = roccia; "Krep" in sloveno = dirupo). Sono termini che si ritrovano un po' ovunque nelle Alpi e che si possono far risalire all'incirca al primo insediamento umano.
Dell'epoca celtica sono rimaste molte parole e soprattutto vari toponimi ancora usati oggi in francoprovenzale. Oltre a Breuil (terreno paludoso), comba (comboro nel gallese e nel celtico moderno = vallone), barma (grotta, ricovero coperto da una qualche sporgenza rocciosa: barr in irlandese, oppure bar in gallese e bretone = sommità, testa). Walter von Wartburg cita tutta una serie di nomi, presenti in francoprovenzale, di origine celtica, come bertiare / brichè (cullare), sudia / sutse (fuliggine), rùsca lrutse (scorza), cleta lcllènda (chiusura in legno attorno ai prati), briscare / breché (coagulare), ricà / réya (soleo del campo) ecc.
Sottomessi i Celti, i Romani imposero la loro lingua e la loro cultura ovunque.

Fu il glottologo Graziadio Isaia Ascoli nel 1873 che individuò le caratteristiche di questa lingua e ne coniò la definizione “Francoprovenzale”, con cui i linguisti di tutto il mondo raggruppano questi dialetti. Soltanto l’ unificazione e centralizzazione della Francia ne impedì l’affermazione come un’unità linguistica, ma queste popolazioni hanno  ben radicata una comune coscienza di identità che scavalca i confini “ naturali” della catena alpina e quelli artificiali tra Stato e Stato, e che si può sintetizzare in una loro ricorrente frase:” noi parliamo nel nostro modo, noi parliamo patois”.

Le parlate francoprovenzali costituiscono una delle tre aree galloromanze , le altre due sono quelle della langue d'oil (francese) e quelle della langue d'oc ( occitano).

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