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“Letterature nascoste” è il titolo azzeccato del libro di Anna Bogaro, appena uscito per i tipi dell’editore Carocci di Roma, dedicato alla “Storia della scrittura e degli autori in lingua minoritaria in Italia” e arricchito da una prefazione di Tullio De Mauro. Dopo aver esposta in una sintesi vasta e documentatissima la posizione della critica sulla questione lingua/dialetto, da Croce ad Asor Rosa, poiché a livello accademico le lingue “altre” sono sempre state considerate come parte dell’universo dialettale, l’opera affronta il tema “occultato da più nebbie e opacità nella consapevolezza collettiva” (De Mauro) della produzione letteraria nelle lingue diverse dall’italiano, aprendo orizzonti di sicuro interesse sulle letterature sarda, ladina, slovena, friulana, occitana ed arberese. E’ la prima volta che la materia viene affrontata in modo così sistematico, tanto da fare di questo libro la mappa complessiva, la descrizione dello stato dell’arte delle letterature “minoritarie” in Italia, che colma una grave lacuna della critica ufficiale e mette in luce quanto nella nostra società sia diffuso il multilinguismo e quanto ricche e affascinanti possano risultare le prove letterarie espresse nelle lingue meno diffuse.

Ne esce un panorama variegato e composito, percorso da diverse venature in corrispondenza delle storie e delle geografie che hanno determinato la sopravvivenza degli idiomi “minori”, caratterizzato spesso dal valore di militanza che contraddistingue gli autori, portavoce e rappresentanti delle istanze dell’intera comunità. E lascia intravedere la bellezza di una letteratura che rivela identità altre da noi e nel contempo intimamente connesse con la nostra, che contribuiscono a definire e a connotare con la ricchezza della biodiversità culturale.
Alla ricca bibliografia che correda l’opera si aggiungono alcune interviste con autori rappresentativi delle comunità di appartenenza: Flavio Soriga per i sardi, Roland Verra per i ladini, Boris Pahor per gli sloveni, Carlo Tolazzi per i friulani, Franco Bronzat per gli occitani, Carmine Abate per gli arbereshe. Gli snodi che segnano l’incrocio fra culture diverse creano terreno fertile per la letteratura, ed ora che la base è posta non resta che sperare in una prossima antologia delle letterature composte nelle lingue meno diffuse in Italia, che apra varchi fecondi di conoscenza tra le identità e le storie che compongono il nostro Paese. 

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