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Ma quanta gente c’è in montagna? O meglio, quanta ce ne vive, per tutto l’anno, anche mentre le finestre delle seconde case sono sbarrate e molti residenti “ufficiali” sono al caldo sulla costa o lontani in una città?

Per cercare di rispondere, abbiamo spulciato nella valanga di dati statistici forniti annualmente dall’Istat e il quadro che ne esce è piuttosto malinconico. Abbiamo curiosato solo tra i numeri riferiti al versante ligure delle Alpi: bisogna premettere che la tendenza demografica di tutta la regione tende da tempo, quasi ovunque, al ribasso ed è attestata sotto la “crescita zero” quantomeno dagli anni Ottanta in poi. Per chiarire la situazione, basterà citare il dato secondo cui, durante il 2002, il numero delle nascite ha superato quello dei decessi solo in sei comuni della Provincia di Imperia e in otto di quella di Savona. Anche la popolazione delle “ricche” località costiere, dunque, sta diminuendo vistosamente. L’analisi della variazione della popolazione residente tra il 1991 ed il 2001 non lascia adito a dubbi: quasi tutti i comuni montani e del “secondo entroterra” della Provincia di Imperia hanno perso una percentuale, più o meno consistente, di abitanti e non stiamo a sottolineare che non necessariamente le residenze “ufficiali” corrispondono alle presenze effettive sul territorio. Bajardo ha perso oltre il 23 % della popolazione, Cosio il 22 %, Rezzo il 14 %, Pigna l’ 11%, Mendatica oltre il 9 %, Pieve di Teco quasi il 10 %. Contengono il calo Triora (- 2,4 %) e Montegrosso Pian Latte (- 5,4 %). Rappresentano le eccezioni positive Vessalico (+ 2,1 %), Pornassio ( + 2,5 %) e Cesio ( + 0,4 %), anche se si può fare dell’ironia sul fatto che questi aumenti percentuali equivalgono, complessivamente, a ventisette persone: praticamente gli occupanti di un condominio. In provincia di Savona sono in grave difficoltà demografica i comuni delle alte valli del Pennavaire e Neva: Nasino ha ceduto il 10 %, come Castelvecchio di Rocca Barbena, Zuccarello il 3,7 %, Erli il 9,3 %. Tutto questo mentre, pochi chilometri più a valle, l’espansione edilizia sta conoscendo un ciclo positivo che sembra inarrestabile, nel bene e nel male.

Se i flussi migratori compensano in parte il calo demografico sostenendo il numero dei residenti, le tabelle delle nascite e dei decessi trasmettono sensazioni persino più preoccupanti. Sembra proprio che le cicogne abbiano perso la rotta per le Alpi Liguri: durante il 2002 non sono comparsi fiocchi azzurri o rosa alle porte di Aquila, Armo (nella foto), Carpasio, Cesio e Cosio, e gli unici neonati di Mendatica, Baiardo, Montegrosso e Triora non avranno coetanei con cui giocare. Se in un paesone di oltre 1.300 abitanti come Pieve di Teco nascono, nel corso di un anno, solo tre bambini evidentemente la situazione è poco allegra, tanto più che i decessi, nello stesso periodo, sono stati diciotto. Altrettanto malinconico si dimostra lo stesso raffronto a Cesio (sette morti, nessuna nascita), Cosio (nove morti, nessuna nascita), Triora (undici morti, una sola nascita), Rezzo (dieci morti, due nascite). Armo conserva il titolo di comune con meno abitanti della montagna imperiese, forte – si fa per dire – dei suoi 124 residenti. Montegrosso Pian Latte (139) e Carpasio (183) compongono il resto di questo podio “al contrario”. Nel 1955 il giornalista Mario Fazio, futuro presidente nazionale di Italia Nostra, scriveva, a proposito dell’alta Valle Arroscia, che “ricucire questo paesaggio e creare le condizioni per la permanenza dell’uomo a presidio di territori che conservano l’impronta di una civiltà millenaria non è facile”. Non è facile neppure cinquant’anni dopo, nelle valli dove non osano le cicogne.







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