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La conca di Giau è meraviglioso anfiteatro bianco d’inverno e verde d’erba d’estate, posto a duemila metri di quota, tra Pelmo e Tofane. Giau, dal latino “gavum”, fu luogo di secolari scontri tra pastori cadorini e ampezzani, che si contesero quei pascoli. Nelle controversie, fu anche una storia di uomini, che rivendicarono e difesero quegli alpeggi estivi, quando le nevi lasciavano il posto alle praterie che diventarono succoso cibo per pecore, capre o mucche. Uno stillicidio di sconfinamenti, di sortite, di ripicche: ma la lotta fu indolore e mai una goccia di sangue corse a macchiare il terreno conteso. Quei pascoli ebbero poi il torto di diventare luogo di confine tra due comunità straniere, la Serenissima Repubblica veneta e il Tirolo, e la lite tra i pastori, che durava peraltro da secoli, diventò questione di Stato. La storia, racconto di uomini chiamati a governare la pace con gli strumenti della burocrazia, si concluse nel 1752 quando la “sentenza di Rovereto”, un lodo di arbitri internazionali, sancì le proprietà e definì le modalità di possesso del territorio. Non ci furono più contrasti, né controversie, né dispetti, ma i cadorini dovettero costruire un muro “di piedi sei nell’altezza, grossa in fondo piedi cinque e in cima due, la quale sarà condotta da un monte all’altro”, cioè da roccia a roccia, circa due chilometri di distanza su terreno impervio. Da realizzare nel tempo massimo di tre mesi, pena la decadenza dei dispositivi della sentenza. I sanvitesi ce la fecero e rispettarono i termini: lungo il tracciato pressochè rettilineo furono poste delle croci e dei cippi; ai caposaldi, ancorati alla roccia, lo scudo degli Asburgo e il leone di San Marco. Quella mitica “marogna” (in ladino la muraglia è definita così), ancora oggi visibilissima pur nella sua veste decadente, compie quest’anno 250 anni e la ricorrenza è stata ghiotto invito per la comunità di San Vito a ricordare un evento che, in qualche modo, ha lasciato il segno, se non altro come testimonianza di civiltà e di rapporti pacifici tra comunità confinanti a rischio di conflitto. Se ne parlerà per due settimane, dal 25 settembre al 12 ottobre prossimo, con l’allestimento di una mostra, con la presentazione della “lasta di Mondoal”, ritrovamento archeologico di grande valore, con escursioni guidate, con incontri e conferenze; in particolare, una “tavola rotonda” di grande spessore culturale, metterà a confronto studiosi di entrambe le parti e chiarirà le filosofia che ha ispirato le iniziative, sostenute dall’unione ladina d’Oltreciusa, dal Comune, dalla sovrintendenza ai beni archeologici del Veneto, dalla Regola generale di San Vito, dal centro studi per la montagna, dalla fondazione Angelini, dal Cai. Un coro di voci per dare vigore sostanzialmente ad un auspicio: il vento di pace che spirò lassù, tanti anni fa, deve continuare a guidare i rapporti degli uomini di buona volontà che governano le sorti di quei paesi.







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