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Torna anche quest’anno ad Aprica, originato anni, decenni o forse secoli fa, “Sunà da Mars” (suonare a marzo), l’assordante tradizione dei campanacci suonati con gran fragore per chiamare al risveglio la madre terra e indurla a riprendere il ciclo vitale. Dopo un letargo durato, infatti, già almeno 4-5 mesi, si stanno pericolosamente svuotando del loro prezioso contenuto i fienili e i granai, riserve basilari per la sopravvivenza di animali e persone.

Oltre alle sei contrade di Aprica con relativi stendardi (Dosso, Liscedo, Liscidini, Mavigna, Santa Maria e San Pietro), saranno presenti alla sfilata numerosi gruppi folcloristici provenienti dalla Bergamasca (Sovere in Val Cavallina, Vilminore in Val di Scalve e Gorle in Val Seriana), dalla Valtellina (San Giacomo, Teglio e Val Gerola), dalla Bresciana (Doverio e Santicolo di Córteno) e forse un gruppo della Val Poschiavo nei Grigioni svizzeri.

Da ognuna delle sei contrade, radunati in punti di partenza prestabiliti, si snoderanno ad un dato momento i cortei, che convergeranno tutti davanti al Municipio in Piazza Mario Negri scultore per una rumorosissima sosta. Da qui si sposteranno poi definitivamente verso il luogo di raduno finale in Piazza del Palabione.
Irrinunciabile prologo la sera di mercoledì alle ore 21 presso la sala congressi del Centro Direzionale, dove oltre alla benedizione degli ingredienti per il mach, il saluto delle autorità, la consegna dei gonfaloni delle contrade ai bambini, il passaggio del grande campanaccio simbolo dalle mani del gruppo di contrada Santa Maria a quello di Mavigna (che lo conserverà per un anno), ci sarà anche una ghiotta novità: la presentazione del costume di Aprica, indossato da una cinquantina di uomini e donne.

Programma
Mercoledì 27 febbraio
ore 21:00 Benedizione ingredienti per il mach
  Presentazione nuovo costume di Aprica
  Consegna gonfaloni ai rappresentanti delle contrade ai bambini
  Passaggio del campanaccio simbolo

Giovedì 28 febbraio
ore 20:45 Ritrovo e partenza cortei dalle singole contrade:
  San Pietro dalla fontana in Via Ospitale
  Mavigna dall’imbocco di Via Mavigna
  Dosso dalla fontana di Via Panoramica
  Santa Maria dal Piazzale della Chiesa
  Liscidini da Cà di Pom
  Liscedo da Liscedo Alto
ore 22:00 Distribuzione del mach in Piazza del Palabione

La storia
Di antichissima origine, SUNÀ DA MARS è una tradizione prettamente contadina e un modo originale per salutare l'arrivo ormai imminente della primavera ed il ricrescere dell'erba. In tempi passati la pastorizia era l'attività primaria degli abitanti di Aprica ed è pertanto comprensibile come fosse bene accetto un rito propiziatorio rivolto a salutare la ricrescita dell'alimento indispensabile per gli armenti. Anche gli strumenti musicali hanno una diretta attinenza con le abitudini e le necessità della vita contadina. Si suonano infatti campanacci e corni. I campanacci vengono appesi al collo dei bovini quando sono condotti al pascolo sulle malghe di alta montagna in estate; i corni – ricavati dalle corna dei becchi – sono strumenti sonori usati ovunque per segnalazioni.
Non si sa esattamente da quanto tempo la tradizione sia in vigore; certamente possiamo affermare che è antichissima. In tempi passati si assisteva in occasione del “Sunà da Mars” a vere e proprie dispute fra i giovani delle diverse contrade e spesse volte i diverbi venivano risolti con la forza. Si suonava lungo le strade del paese per tre giorni consecutivi: gli ultimi tre giorni del mese di febbraio. Piccoli gruppi organizzati partivano da ogni singola contrada e si recavano nei territori di contrade diverse a significare la necessità del loro intervento per far ricrescere I'erba in quella contrada. Era poi gran vanto trovare il modo di porre un proprio rappresentante dinnanzi al gruppo di una contrada diversa. La mentalità dell'epoca e lo spirito giovanile che animava questa tradizione considerava questi gesti dei veri e propri affronti, determinando, come già detto, degli scontri fisici. Nell'ultima serata, in ogni contrada si radunavano tutte le famiglie e veniva distribuito il mach, una polenta composta dalla farina data in omaggio da ogni famiglia, ma alle volte, con la farina di grano saraceno, si preparavano anche pizzoccheri. Quello che si consumava era tutto dono della popolazione: dalla legna ai fiammiferi per accendere il fuoco, dal sale al burro per la polenta. Ogni famiglia si privava di qualche cosa per donarlo alla comunità. A chi era impossibilitato a consumare il mach perché infermo o ammalato veniva portata una porzione a domicilio, cosi come per tutti i bambini della contrada, che per la tenera età erano obbligati a rimanere nelle proprie abitazioni.

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