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Alcuni giorni fa, i quotidiani riservavano titoli a tutta pagina ai nubifragi sul Nord Italia: una raffica di temporali da Nord-Est aveva appena stroncato l’ondata di calore che da una settimana attanagliava buona parte d’Italia, con punte ben oltre i 35 °C sulle città padane e isoterma zero verso i 4500 m sulle Alpi. Ed ecco che, dopo i lamenti per il troppo caldo, arrivano puntuali le lagne per la breve interruzione temporalesca sul week-end dei vacanzieri. Ricorrente, nell’estate alpina, e peraltro benvenuta in un periodo ben più secco del normale. Inoltre, l’acqua tanto sospirata dagli agricoltori non è arrivata per tutti. E’ ancora troppo presto per commentare l’andamento estivo – su quello si potrà essere precisi tra cinque settimane – ma i dati raccolti negli ultimi mesi possono dare un’idea della situazione recente.



Dopo i calori eccezionali dell’estate 2003, sulle Alpi occidentali l’inverno è trascorso con molta neve, quasi ovunque più del normale. Da ottobre 2003 a maggio 2004, si sono misurati accumuli totali di neve fresca di 809 cm al Lago Toggia, quota 2200 m (116% rispetto al normale), 490 a Formazza, quota 1300 m (132%), 785 a Gressoney-D’Ejola, quota 1850 m (media 132%), 726 al Lago Serrù, quota 2275 m (113%), 543 a Balme, quota 1458 m (150%), 629 al Lago Malciaussia, quota 1810 m (146%), e 535 cm a Thures di Cesana, quota 1703 m (109%). Meno nevose sono state le zone interne dell’alta Val d’Aosta: lo stesso capoluogo (quota 550 m) ha visto cadere 74 cm in tutto l’inverno, a fronte di una media di 96 cm (77%).



Tra le nevicate più rilevanti, si sono distinte quelle di inizio novembre 2003 e metà febbraio 2004, che in alcune zone sono risultate di intensità eccezionale: ad esempio, al Lago Telessio – a quota 1917 m sul versante piemontese del Gran Paradiso – tra il 19 e il 20 febbraio sono caduti ben 125 cm di neve fresca in 24 ore: non era mai successo dall’inizio delle osservazioni nel 1959. Degna di nota, nello stesso episodio, l’ingente caduta di sabbia sahariana, trasportata per circa 2000 km verso nord dal forte scirocco: soprattutto dalle Alpi Marittime all’Appennino Emiliano il manto ha assunto una pronunciata tinta mattone per alcune ore al mattino del 21 febbraio, subito nascosta da nuova neve «pulita» nel prosieguo della giornata; a seguito della fusione, lo strato colorato è ora ben visibile in superficie nei nevai in quota.

Un buon inverno, dunque, confermato anche dalle misure di accumulo nevoso stagionale ad alta quota. La primavera termicamente nella media, con un temporaneo ritorno del freddo a inizio maggio, ha favorito la conservazione della neve in altitudine. I rilievi condotti il giorno 21 giugno sul ghiacciaio Ciardoney (Gran Paradiso) hanno rivelato spessori residui di 340 cm a quota 3140 m (Colle Ciardoney), mentre sull’intero apparato glaciale l’accumulo specifico della stagione (da ottobre a maggio) – espresso in equivalente d’acqua – è risultato di 1170 mm, poco superiore alla media degli ultimi 13 anni (1060 mm).



Misure analoghe effettuate sul ghiacciaio del Timorion (grazie alla collaborazione tra SMI e ARPA Valle d’Aosta), sul versante valdostano del Gran Paradiso, hanno invece evidenziato la minore nevosità del lato settentrionale del massiccio, che ha risentito meno dei forti accumuli nevosi di inizio novembre, inizio dicembre e metà febbraio: il giorno 8 giugno su questo ghiacciaio si misuravano spessori di neve compresi tra 170 e 300 cm (altitudine da 3230 a 3470 m), ed equivalente d’acqua di 730 mm.

Dopo che la prima parte dell’anno è trascorsa con temperature mediamente intorno alla norma, in giugno è tornata intensa la calura, tanto che il mese è risultato tra i più caldi dall’inizio delle osservazioni: a Torino la media mensile di 24.4 °C ha superato la norma di 3.5 °C. Ma ora è soprattutto la carenza estiva di precipitazioni a preoccupare, per il secondo anno consecutivo: benché l’inverno sia stato nevoso, dopo la fusione della neve i suoli alpini – sassosi e poco profondi – hanno perso rapidamente il loro contenuto in umidità, in mancanza di piogge e temporali estesi.

A Formazza, gli ultimi due mesi di giugno (2003 e 2004) sono stati i più asciutti dal 1913, rispettivamente con 10 e 29 mm di pioggia appena, a fronte di una media che ne vorrebbe 120.



E se la fusione dei nevai ancora presenti in quota garantisce acqua a sufficienza per la pianura, sui ripidi pendii montuosi l’irrigazione è compito arduo, quando non impossibile. Così, i pascoli ingialliscono e gli armenti sono ormai a corto di foraggio in molte zone, e solo dal Biellese al Lago Maggiore i temporali mattutini del 24 luglio (20÷30 mm) hanno attenuato il secco. Per gli ultimi giorni di luglio e i primi di agosto non è atteso un cambiamento di rotta: l’estate proseguirà per il momento senza eccessi termici, ma in gran parte ancora all’asciutto. E dovremo accontentarci dell’acqua che – almeno quella – scende copiosa dagli amici ghiacciai.



Torino: temperature medie mensili 1° semestre 2004



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