Select Page

Nei mesi scorsi, casualmente alla vigilia dell’anno dedicato al centenario del Nobel camuno-pavese Camillo Golgi, è uscito un prezioso libro biografico sulla figura del medico condotto camuno Gian Battista Cominoli, dedicatogli dalla moglie Irma, il cui titolo è “Gian Battista Cominoli, medico esemplare d’altri tempi”.

Nato nel 1910 a Pontedilegno, Cominoli studia anch’egli a Pavia come Golgi, laureandosi in Medicina e Chirurgia alla vigilia della seconda guerra mondiale, nell’aprile 1939. La sua vita professionale è interamente dedicata all’assistenza e alla cura degli abitanti di alcuni paesi camuni e bresciani, in quella che una volta si chiamava “condotta”, grosso modo l’ambito di attività dell’attuale medico di famiglia.



Gian Battista Cominoli, dopo un breve periodo d’interinato nel paese natale e un altro di perfezionamento presso l’ospedale di Breno, nella primavera del 1940 comincia la sua vera missione, andando in condotta a Tremòsine, vasto Comune sul lago di Garda. Qui rimane per circa tre anni e conosce la futura moglie, la maestra Irma Morandi, che sposa nel febbraio del 1943. Sono i primi anni della guerra e il “dottorino”, come viene chiamato per via della minuta figura, si prodiga con entusiasmo e abnegazione nello svolgimento del compito affidatogli, superando con coraggio disagi e problemi di ogni natura.



Ovviamente, per spostarsi da un centro all’altro a ogni ora in cui è richiesto, deve attrezzarsi di un mezzo di locomozione. Compra una motoretta Bianchina di seconda mano, che gli è utile, in particolare, per poter rispondere alle chiamate d’urgenza. Ad un certo punto, non bastassero le ben 17 frazioni di Tremosine, deve anche assumere le condotte di altri due Comuni limitrofi, Tignale e Limone sul Garda. Lavoro triplicato e sforzi quasi eroici per star dietro ad impegni che assorbono spesso e volentieri anche più di metà delle ventiquattro ore quotidiane.



Soltanto nell’inverno 1942-43, conscio di non poter più continuare a spostarsi ogni giorno (e spesso di notte) su una piccola moto, fa la patente e acquista una Topolino, anch’essa ovviamente di seconda mano. Ma viene richiamato sotto le armi e deve a malincuore lasciare la comunità che ormai ha imparato a conoscere bene e che lo ricambia affettuosamente per il servizio che egli le presta con zelo. Vivi e sinceri sono gli apprezzamenti delle autorità che si leggono nelle missive e nei documenti di congedo.



Tenente medico al 9° Bersaglieri di Cremona, porta con sé anche la novella sposa Irma. Seguono una serie di vicende del periodo bellico a Carbonare di Folgaria e a Rovereto, che per brevità non possiamo qui narrare, ma che nel libro sono riportare con precisione e lucida sobrietà. Una sobrietà che lascia appena trasparire il trasporto emotivo.

Nell’ottobre 1943 c’è per Cominoli il ritorno al lavoro da civile, prima nel consorzio medico Gavardo-Vallio, poi in quello di Pontedilegno-Temù: una sorta di ritorno alle origini, ma che sarà provvisorio. Infatti, al ritorno in sede del medico condotto titolare, nel 1948, per il dottor Cominoli e consorte è di nuovo il momento di fare le valigie per una nuova destinazione. Per fortuna questa volta non si va molto lontano: a Córteno, nell’altro ramo dell’alta Valcamonica, distante da Ponte circa 25 km. E sarà per restarci a lungo, ossia per i successivi 20 anni.



I miei personali ricordi del dottor Cominoli, che mi ha visto nascere insieme all’ostetrica Lina Bianchi, sono legati all’infanzia e alla prima adolescenza. Ricordo il suo fare un po’ sbrigativo ed efficiente e, soprattutto, gli spessi occhiali dalle lenti gialle, dietro i quali i suoi occhi clinici fissavano il piccolo paziente e non potevano non incutergli un po’ di “terrore da puntura”.

Diverse e variamente commosse sono, oltre a quella diretta della signora Irma, le testimonianze anche fotografiche relative al periodo cortenese presenti nel libro. Un po’, per chi li ha vissuti, anche solo da bambino, come rituffarsi negli anni ’50 e ’60.

Nel 1968, lodato pubblicamente e privatamente, il dottor Cominoli lascia la patria natale del Nobel Camillo Golgi (che nel frattempo aveva cambiato nome da Córteno in Córteno Golgi) e prende servizio a San Felice del Bénaco.



Qui, nel 1986, “arriva il giorno in cui, dopo 47 anni di lavoro, cominciato nel 1939, il medico condotto Gian Battista Cominoli, con infinita tristezza, si toglie il camice e ripone lo stetoscopio e il blocco delle ricette, per vivere un nuovo capitolo della sua vita: il tempo della pensione.”

Sono le parole della vedova Irma, che, dalla dipartita del marito 92enne il 2 luglio 2002, ha voluto raccogliere e poi pubblicare la propria e le numerose altrui testimonianze sulla lunga vicenda umana, non clamorosa ma per questo anche più degna, di un medico di montagna. Un modo bello ed encomiabile per rendere omaggio, anche pubblico, alla memoria di un uomo che, con elevato senso del dovere, diede tutto sé stesso alla propria professione.

Ora tocca ai rappresentanti istituzionali delle comunità che il dottor Cominoli servì, di confermare gli apprezzamenti non solo formali concessigli in vita, commemorandolo nel modo più appropriato.

Antonio Stefanini





Share This