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Lo scorso 10 maggio presso il Salone Municipale di Villa Margherita a Gressoney St. Jean si è svolto un Convegno di lavoro sul  tema: “Le lingue muoiono, che cosa si può fare per invertire questa tendenza?”. Erano presenti, oltre al Professor Sergio Maria Gilardino, docente McGill University e coordinatore dei lavori, Aléxis Bétemps – Centre d’Études Francopronençales René Willien – St-Nicolas (AO), il Prof. Saverio Favre, Chef du  Bureau Régional  de l’Étnographie et de la Linguistique – Région Vallée d’Aoste, la Prof.ssa Carla Marcato, docente, Università di Udine e Università di Venezia, la Prof.ssa Monica Pedrazza, docente, Università di Verona, il Dr. Karl Rainer, Direttore Politiche Linguistiche per l’Alto-Adige, il Prof. Roman Sigg, Università di Zurigo e il Dr. Leo Toller, Direttore Politiche Linguistiche per i Mocheni, oltre naturalmente ad un qualificato e partecipe pubblico di operatori del settore.

Si è trattato di un incontro, a detta del Professor Gilardino, tra i più belli e più fruttuosi sinora fatti nella storia dei convegni di lavoro delle varie Comunità Walser. L’obiettivo era quello da un lato di tracciare un bilancio di quanto fatto da operatori culturali, volontari, dirigenti comunitari, studiosi, nei vari campi di attività convergenti sulla conservazione delle culture e degli ambienti ancestrali, dall’altro proiettare quegli ambienti verso un’avvenire tecnologico, senza confonderli o mortificarli.

Per la prima volta si è fatto uso di interpreti simultanei (tedesco-francese-italiano), e tra le priorità emerse si sono evidenziati i binomi: scambi-comunicazioni,  lingua-cultura [revitalizzazione del titzsch(u)].
Per tutta l'area definita "spazio alpino", e comprendente non solo la Francia, la Svizzera, la Valle d'Aosta, il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, il Friuli, il Trentino, ma anche il Liechtenstein, l'Austria e la Slovenia,  nel nuovo periodo 2007-2012 saranno a disposizione somme destinate a finanziare i progetti che emergeranno dai bandi  che saranno pubblicati nel prossimo autunno. La conclusione dei lavori fa supporre che sia nata una nuova generazione disponibile alla cooperazione interculturale.

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