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Il caso mi ha portato a scrivere un articolo sulla cefalea da altitudine proprio l’8 marzo: un segno del destino visto che è un disturbo che sembra colpire più le donne e con maggiore intensità. La cefalea da altitudine (chiamata anche con gli acronimi HAH – high-altitude headache o AH – altitude headache) è definita come una cefalea che insorge nel giro di 24 ore dopo rapida salita a quote superiori a 3000 metri ed è associata con almeno un altro sintomo dovuto all’alta quota. La cefalea è anche il sintomo cardine per la diagnosi di mal di montagna acuto, quando sia di media intensità ed associata ad almeno uno dei seguenti sintomi: nausea, perdita di appetito, stanchezza, vertigini, disturbi del sonno.



Le donne che a quote normali sono colpite da emicrania e altri tipi di cefalea più degli uomini, pare siano più suscettibili anche alla cefalea da alta quota. Dai dati raccolti durante il trekking al campo base del K2 nel 2004, le donne avrebbero una probabilità doppia degli uomini di soffrire di mal di testa da altitudine (Comunicazione Congresso SIMeM, Cogne 2005).



Negli ultimi anni fisiologi e neurologi discutono se la cefalea da altitudine sia parte dello spettro del mal di montagna acuto o possa essere identificata come patologia a se stante, che non evolve necessariamente nel mal di montagna, anche se l’ipossia da alta quota ne rappresenta pur sempre il fattore scatenante. Nel 2003 Silber e colleghi, con le osservazioni su 60 soggetti che si recavano al campo base del Kanchenjunga, hanno proposto nuovi criteri diagnostici per la cefalea da quota (“Neurology” 2003; 60:1167-1171):



a) insorge entro 24 ore dalla salita sopra 2500 metri o a una quota cui il soggetto non è acclimatato

b) le acutizzazioni durano meno di 24 ore

c) il dolore di solito è bilaterale e gravativo

d) è aggravata da uno o più dei seguenti fattori: tosse, movimenti, piegamenti, stiramenti e sforzi.

e) non rientra in altri tipi di cefalea




In questo studio la cefalea colpì il 95% delle donne e l’82% degli uomini.



La proposta ha aperto il dibattito. Serrano-Dueñas ha studiato 98 alpinisti (35 donne e 65 uomini), con precedenti esperienze in alta quota, ma residenti abitualmente a Quito (2800 m) in Equador, durante l’ascensione al Chimborazo di 6310 metri, effettuata in soli 4 giorni (“Cephalalgia” 2005; 25: 1110-1116). Probabilmente per la rapidità dell’ascensione, la cefalea colpì la totalità degli alpinisti nel primo giorno, per poi ridursi al 70 e al 65 % nei giorni successivi, senza differenze tra i sessi.

Le caratteristiche più frequenti della cefalea erano:



I globale,

II di tipo pulsante,

III aggravata dall’esercizio,

IV mitigata dal riposo,

V associata a inappetenza o irritabilità (un quarto dei casi), o pessimismo (in un terzo) o ansia.




La principale differenza dai criteri di Silber è nel tipo di dolore: pulsante rispetto a gravativo. La diversità nel modo in cui sono stati condotti i rilevamenti, rende tuttavia i due studi difficilmente confrontabili e sono necessari ulteriori ed estese ricerche per stabilire dei criteri diagnostici, importanti soprattutto per risvolti terapeutici differenziati.







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