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In latino, il vocabolo ”legenda” significa “cose che devono essere lette”, “degne di essere lette”. E’ un tipo di racconto molto antico, come la favola, la fiaba e fa parte del patrimonio culturale di tutti i popoli, compreso il popolo walser, essa appartiene alla tradizione orale e nella narrazione mescola il reale al meraviglioso. In giornate come queste, con la neve che ormai da molti giorni scende a larghe falde e copre con la sua coltre gli antichi villaggi, in momenti come questi dove il frenetico ritmo della vita deve per forza rallentare, una leggenda può fare la differenza.

San Giulio e il Diavolo

Nel villaggio di Vanzone abitavano dei bravi artigiani che fondevano le campane per tutta la valle e per chi gliele commissionava. Una di queste campane doveva essere portata nel Vallese e a tale scopo il Vescovo di Novara aveva ordinato a S. Giulio di trovare il modo di recapitarla. Fu così che il Santo, che abitava al lago d’Orta, un giorno decise di salire a far visita al parroco di Macugnaga. Durante il viaggio, lungo la valle, molto prima di raggiungere il territorio di Macugnaga incontrò il diavolo particolarmente allegro e eccitato che gli disse: “Vuoi sapere perché oggi sono così felice? Credo proprio che il motivo ti riguarda molto da vicino!” Allora dimmelo questo motivo, gli disse pacato San Giulio.” Sono così felice perché l’anima del prete di Macugnaga ormai mi appartiene”. Oh bella! E come mai mi dici questa sciocchezza? “Ebbene, allora ti dico io come devi fare per scoprire che ho ragione. Devi recarti alla mattina di buon ora, ma molto di buon ora, a casa del prete e bussare alla porta, come la domestica ti apre devi correre nella camera del prete e vedrai …!”. San Giulio rimase molto perplesso da quel racconto e proseguì il suo cammino pregando e ammirando il creato, però fece in modo il mattino seguente di raggiungere Staffa alle prime luci dell’alba, quando il sole non aveva ancora fatto capolino. Picchiò con vigore alla porta della canonica. Passò un po’ di tempo e la domestica gli aprì. San Giulio notò che era scalza, e senza indugio entrò immediatamente nella camera del prete. Da un lato del letto, posate per terra, c’erano le pantofole della donna. San Giulio capì immediatamente la situazione e soprattutto che il diavolo non gli aveva mentito.

Riprese quindi con lo zelo di cui solo lui era capace il curato e lo convinse a mutar vita, convincendo quel prete peccatore a  licenziare la perpetua e a ritornare ad essere un vero ministro di Dio. Sulla via del ritorno ad Orta, immerso nei suoi pensieri e ricordando l’impegno ricevuto dal Vescovo riguardo la campana da portare nel Vallese, San Giulio incontrò di nuovo il diavolo. Con aria di trionfo gli annunciò: “diavolo, devo darti una bella notizia, sai che l’anima del prete di Macugnaga è di nuovo mia?”. Il diavolo seccato gli risponde che avrebbe fatto di tutto per riaverne il possesso, e la discussione si animò al punto che, sull’anima del prete i due fecero una scommessa. Il Santo non ci pensò due volte e propose al diavolo: “Tu prova a dannare ancora l’anima del prete di Macugnaga, se ci riuscirai avrai vinto tu la scommessa e siccome ho promesso al Vescovo di portare la campana nel Vallese la porterò io. Se però non ci riuscirai, dovrai portarla tu”.

Il diavolo accettò, tornò dal prete di Macugnaga e esibì tutte le sue più celebrate arti di seduzione, ma non riuscì nell’intento e perse la scommessa.

Fu così che, secondo il patto, San Giulio e il diavolo si recarono a Vanzone, il diavolo si caricò la campana sulle spalle e cominciò a  salire la valle seguito dal Santo e insieme cominciarono ad affrontare l’erta del Monte Moro. Ma la campana era grossa e pesante e il diavolo su quella ripida salita sbuffava e stentava a tenere il passo. Ad un certo punto si rivolse a San Giulio: “Almeno, porta tu il batacchio, così mi s’alleggerisce un po’”. San Giulio ebbe compassione e si caricò il batacchio. Dopo essere arrivati al passo del Monte Moro, scendendo dall’altra parte il sentiero era coperto di neve e, soprattutto il diavolo con la pesante campana sulle spalle, sprofondava in continuazione nella neve alta. Giunti che furono nella località denominata z’Makaneru fet, il diavolo, stanco e affaticato, prese la campana e la scaraventò nel burrone, gridando a San Giulio: “Kan tu un ter pfarrer va Makanà un ter klokku la ter da”. ( Vai … tu e il prete di Macugnaga, e la campana te la lascio qua). Così la campana abbandonata sull’orlo del baratro cominciò a ruzzolare e si ruppe in molti pezzi e la leggenda racconta che ogni paese del Vallese ne conserva uno.


Ringraziamo AKU Srl, calzaturificio di Montebelluna (TV), per il sostegno al progetto Walser attivo in DiscoveryAlps e vi invitiamo a scoprire Good for Alps e Transalpina GTX.

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