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Se Sima Samar sia una santa o qualcosa del genere, non è dato a saperlo. Di certo la dottoressa Samar ha fatto davvero molto per le donne del proprio paese: l’Afghanistan. Shuhada, l’organizzazione non governativa da lei fondata, in meno di dieci anni ha dato vita a due ospedali e 12 cliniche in Afghanistan, più un ospedale e una clinica in Pakistan, oltre a scuole che hanno ormai oltre 20mila tra studentesse e studenti. DiscoveryAlps ha avuto il piacere di conoscere Sima Samara ed ha altresì il piacere di collaborare con Shuhada grazie al progetto Montagne di Pace – Montagne di Guerra, volto a raccogliere fondi per la costruzione di pozzi d’acqua potabile in Afghanistan. Ora Sima Samar approda in Italia per incontrare tutti i donatori e raccontare il proprio Afghanistan, quello sospeso tra pace e guerra. Sima Samar sarà infatti a Milano al Centro sociale “Conchetta”, in via Conchetta, a partire dalle 15,30 di domenica 15 giugno 2003.



Chi è?

Sima Samar è medico fondatrice della Ong Shuhada e presidente della Commissione indipendente per i diritti umani in Afghanistan. Nata il 4 febbraio 1957 a Jaghori, nella provincia Gazhni, Afghanistan Centrale, appartiene agli Hazara, gruppo etnico che vive nelle alte valli dell’Afghanistan Centrale.

A 18 anni viene promessa sposa ad un professore universitario di Kabul. Così si trasferisce nella capitale e può iniziare gli studi di medicina. Sima ha un’occasione per andare all’estero: le viene offerta una borsa di studio in Australia, ma questa volta la sua famiglia si oppone. Nel frattempo l’Afghanistan viene invaso dall’Armata Rossa. Durante quel periodo Sima ha un figlio, ma nel frattempo suo marito viene preso dai russi e scompare nel nulla: Sima non lo rivedrà mai più.

Nel 1984 conclude gli studi di medicina e riesce a fuggire dal suo paese, portando con sé suo figlio e arrivando a Quetta, in Pakistan, dove diventa anche lei una profuga.

A Quetta si scontra con la dura realtà dei campi profughi. Sima vuole rendersi utile ad aiutare le altre donne afgane, ma scopre che negli ospedali gestiti dalle organizzazioni umanitarie internazionali non esistono strutture per curare le donne afgane. Sima chiede spiegazioni e scopre che i responsabili dell’ONU, per non avere problemi politici e creare attriti con i capi dei clan afgani e pachistani, non hanno creato reparti per le donne. In quel momento Sima prende una decisione che cambia radicalmente la sua vita: decide di far da sola una struttura sanitaria per le donne afgane.

Grazie all’aiuto dell’ospedale di una missione cristiana ed ai soldi che riesce a raccogliere un po’ ovunque nel mondo, costruisce un proprio ospedale: la clinica Shuhada (“Martiri”). Da quel momento le donne afgane possono contare su assistenze sanitarie: andare a partorire o farsi operare o semplicemente farsi curare ambulatoriamente.

Col tempo l’attività di Sima si estende anche in campi non sanitari. Inizia ad aprire scuole solo per bambine, sia a Quetta che a Gahzni (in Afghanistan), per permettere loro di avere un istruzione altrimenti negata.

Dal 1989, anno in cui l’Armata Rossa abbandona l’Afghanistan, Shuhada è diventata un’organizzazione non governativa a tutti gli effetti.









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