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Una vita a salire, a scalare vette. Poi la caduta da una cresta di ghiaccio vicino al Cervino: il corpo di Patrick Berhault è stato recuperato dalle guide del soccorso alpino di air Zermatt ai piedi del Dom, sul versante di Saas Fee. Patrick Berhault è morto, la cronaca è questa. Stava tentando un’altra impresa, la scalata delle 82 vette delle Alpi oltre i 4000 metri; resterà l’incompiuta…

Unico testimone della tragedia il compagno di scalata Philippe Magnin: “E’ rimasta un’orma sulla neve – ha raccontato – e il suo corpo che precipitava in mezzo alle nubi”. E’ stato un attimo, un soffio, come lo è la vita. Patrick aveva 47 anni, era istruttore dell’Ensa, la scuola nazionale francese di sci e alpinismo. Era un poeta, uno a cui il primato non interessava; uno che inseguiva le pareti e basta sebbene il suo curriculum fosse costellato di notevoli spedizioni e imprese già a partire dal 1980, anno in cui salì al Nanga Parbat, 8125 metri di montagna pakistana. L’ultima spedizione in ordine di tempo lo tenne invece impegnato dal 25 agosto 2000 fino al 9 febbraio 2001 con la salita delle più classiche e difficili pareti di tutta la catena alpina, dalla Slovenia alla Costa Azzurra.

Con la sua caduta è come se fosse venuta giù d’un colpo un’imponente vetta dell’arco alpino. Era nato al mare. E’ morto dove amava stare, in montagna.









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