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In contatto con il nostro corrispondente di Outdoortest.it da Kathmandu, Jessica Tradati
Alle ore 11,56 (8,11 ora italiana) di sabato 25 aprile, con epicentro nei pressi di Bharatpur, 120 km a nord ovest della Capitale, un tremendo terremoto ha sconvolto la vita dell’intero Nepal. Con una magnitudo (scala Richter) pari a 7.8, il sisma è il più catastrofico nella Regione dal 1934. Gravi danni nel centro antico di Kathmandu, dove solo nel crollo della torre Dharahara si presume abbiano perso la vita oltre 200 persone. In totale le autorità riportano un bollettino superiore alle 1800 vittime, ma come sempre in questi casi, il conto è destinato a salire.

Le comunicazioni con il territorio sono molto difficoltose, ma siamo riusciti già ieri, poche ore dopo l’evento, a metterci in contatto con Jessica Tradati, del Kathmandu Post, nostra corrispondente dal Nepal. Ecco i primi contatti:

SMS h 9,17 – “Terremoto. Sto ok”
SMS h 9,25 – “Tanta paura ma stiamo bene”
SMS h 10,55 – “Telefoni non vanno. Provate stasera. Ora esco da Kath. Ci sono morti non so quanti”

Finalmente, alle 16,45, con una telefonata via Skype, siamo riusciti a sentire la voce di Jessica, ormai arrivata nei pressi di Bahktapur, 13 km a est di Kathmandu:

“Ero in casa, al quarto piano, nel centro della città, a preparare lo zaino per un breve trekking di due giorni. All’improvviso tutto ha cominciato a vibrare ad un’intensità pazzesca; dalle pareti, dalle mensole, cadeva tutto e non riuscivo ad afferrare ciò che mi serviva. Ho abbandonato ogni cosa e sono corsa al pianerottolo dove ho trovato un coinquilino americano, altrettanto spaventato. Tutto vibrava e sobbalzava, ci siamo abbracciati per sostenerci a vicenda. In una frazione di secondo ho pensato che stavo morendo li, in Nepal, lontano da casa e dai miei. Non so come, ma ci siamo catapultati lungo le scale che continuavano a muoversi freneticamente e siamo usciti in strada, nel fango e solo li mi sono accorta di non avere le scarpe. La terra continuava a tramare in modo abnorme e non potevano sostare li, le vie sono troppo strette e i palazzi fatiscenti troppo vicini. Abbiamo raggiunto una piccola piazza che sembrava relativamente sicura mentre molte case intorno si sbriciolavano. La gente era nel panico, come noi, e si sentivano grida da ogni parte. Non so quanto sia durata la scossa, ma sono sicura qualche minuto. Un’eternità.”

Jessica e l’amico hanno atteso li per oltre due ore, mentre con cadenza drammaticamente regolare, entro la mezz’ora, numerose altre scosse si sono succedute, tutte al di sopra dei 5 gradi Richter. Poi, spinti dalla necessità di recuperare il minimo indispensabile per allontanarsi dalla città, hanno deciso di rientrare velocemente nella casa per uscire pochi minuti dopo con uno zaino, i telefoni e la macchina fotografica.

“Il padrone di casa ci ha spiegato perché ci siamo salvati: la casa, molto antica, è costruita interamente in legno, diversamente dalla maggior parte delle altre, dei templi e degli edifici storici, che invece sono fatti di fragili mattoni. Le travi, le assi centenarie hanno dato prova di grande elasticità, assorbendo efficacemente le fortissime vibrazioni del terremoto. Non sappiamo però se e quali danni la struttura abbia subito e dovremo decidere quando farvi ritorno e se poter restare. Per adesso abbiamo trovato alloggio qualche chilometro fuori Bahktapur, sul balcone al primo piano di una piccola casa senza palazzi intorno, dove abbiamo piazzato una tenda. Non fa freddo e non piove, ce la caveremo. La popolazione qui non capisce la situazione, non avendo informazioni di sorta. Siamo noi a dare le prime descrizioni di quanto è successo a Kath. Sono gentili e ci hanno dato da mangiare. Sono le otto di sera e mi accorgo solo ora di non aver mangiato nulla da stamattina. Sono esausta, mi fa male la testa, ma non so se riuscirò a dormire più di tanto.”

Le scosse sono continuate per tutta la notte con punte fino a 6.6 di magnitudo, e proseguiranno, dicono i sismologi, per almeno 72 ore, quando lo sciame sismico si sarà attenuato. Le fonti più accreditate, Kathmandu Post, New York Times e CNN, frattanto aggiornano i dati sulla gravità del sisma. Al momento si contano 1911 morti nell’intero Paese e devastazioni nei centri storici delle città. Particolarmente colpita la valle di Kathmandu, un altipiano di circa 1300 metri di altitudine, ma ripercussioni gravi si sono avute nella regione dell’Everest, dome lo scuotimento terrestre ha causato valanghe di proporzioni gigantesche staccatesi dal famigerato Icefall. Le notizie sono frammentarie, ma sono confermate almeno 17 vittime tra trekkers e alpinisti al campo base, affollato di oltre mille persone. Elicotteri sono atterrati per evacuare i feriti e un’equipe cinese di 62 operatori con 6 cani da valanga sono già sul posto. Da Stati Uniti, Canada e Russia le prime risposte di assistenza. L’alpinista italiano Marco Confortola, vicino all’epicentro, al campo base del Dhaulagiri, segnala una situazione di pericolo non solo per chi deve salire ai campi o sulle montagne, ma anche per chi deve scendere dai campi alti e per chi resta alla base, in quanto i collegamenti potrebbero complicarsi a causa di strade interrotte da frane.

Abbiamo sentito Jessica Tradati questa mattina, ore 6,06 (9,51 Nepali Time):

“Abbiamo passato una notte insonne, con scosse ad ogni ora e molto forti. Non rientriamo oggi, abbiamo deciso di rimanere qui anche perché la situazione a Kath è molto caotica e gli spostamenti quasi proibitivi. Manca l’acqua, i cellulari si stano scaricando, ma in qualche modo faremo. Mi si chiudono gli occhi ma bisogno tenere duro e organizzare un piano per l’immediato. Domattina tenterò di raggiungere la sede del giornale (Kathmandu Post) che si trova in periferia est della città, e non ha subito danni. Fino ad allora credo che mi sarà difficile poter comunicare ancora. Questo dramma, esattamente un anno dopo la tragica valanga che uccise 16 Sherpa e pose fine alla stagione turistica del Paese, fonte insostituibile di sostentamento per decine di migliaia di persone, mi rattrista fortemente. Sarà un altro, durissimo colpo all’economia locale. Un Paese povero ma bellissimo, dove la gente che non ha niente ti da tutto quello che ha. Un Paese sfortunato. Forza Nepal!”

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