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Usseaux: uno dei centri abitati più antichi della Val Chisone, situato in posizione soleggiata sulla sinistra orografica della valle, il comune sorge alle pendici dei monti Pelvo e Ciantiplagna. La Val Chisone, che confina ad ovest con la Francia, a nord con la Valle Susa, a est con la pianura pinerolese e a sud con la Val Pellice, è collegata alla Valle della Dora e al Delfinato attraverso il Colle del Sestriere, situato alla testa della valle. Oltre al capoluogo, di lingua e cultura occitana, il comune è composto da altre quattro borgate: Balboutet, Fraisse, Laux e Pourrieres. Sul suo territorio si incontrano ben due Parchi naturali, il Gran Bosco di Salbertrand ed il Parco Orsiera-Rocciavré. Notevoli le fortificazioni che si incontrano lungo la Strada dell'Assietta, antica pista militare che, passando per Pian dell'Alpe, collega Usseaux a Sestriere e consente la visita al Colle dell'Assietta, luogo dell'epica battaglia fra piemontesi e francesi. Per raggiungere Usseaux da Torino, prendere la strada statale 23 del Sestriere, oppure l'autostrada di recente costruzione per Orbassano-Volvera. Dalla Francia, attraverso il colle del Sestriere, utilizzando il valico del Monginevro o il traforo autostradale del Frejus.

La casa gialla
 «La montagna è morta, non ci contare più sulla montagna. Non c'è più spazio per nessuno. è finita». Claudio Challier, gestore insieme alla moglie Anna Jahier del posto tappa Gta Pzit-Rei di Usseaux, in alta Val Chisone, non usa giri di parole. Seduto davanti alla "Casa gialla", il nome con cui il suo rifugio è conosciuto in tutta Europa, sorseggia vino e cuoce gofri per tutto il paese. «Rispetto al "mondo dei vinti" di Revelli oggi è peggio. Quella cultura sopravvive, e non puoi fare nulla se ti senti vinto. E che ci lascino in pace! Che i soldi non ci servono! Metteteli da qualche altra parte. E forse tra 10 o 20 anni qualcosa potrà cambiare. Ma deve andare male giù perché la gente torni a vivere qui». La grande casa gialla era la dimora di sua nonna. Dove Claudio passava le estati. E dopo una parentesi lavorativa in città, nel 1978, da fricchettone, per usare le sue parole, «in fuga dall'Isola di white"», che decise di tornare a vivere in montagna.

«Nel '77 vivevo a Torino e facevo la maestra d'asilo – racconta Anna -. Ero molto politicizzata, nel giro di Lotta continua, e ho vissuto questo coinvolgente periodo in città. Ma appena è finito non avevo più niente da fare. Mi deprimeva il grigio, colore predominante, e la gente che non voleva avere nessun tipo di rapporto con me. Ho conosciuto mio marito a casa di amici, mi sono licenziata e sono venuta a vivere qui con lui». Da allora i due hanno fatto diversi lavori; fino a che un giorno hanno deciso di aggiustare la casa e farne un posto tappa Gta. «È capitato che un giorno – continua Anna – la signora del negozio del paese mi suggerì l'idea del posto tappa a casa nostra perché la persona che lo gestiva lo faceva in malo modo. Abbiamo cominciato con due stanze e un bidone d'acqua sulla terrazza. E ogni anno mettiamo a posto una parte della casa».

Un lavoro impegnativo, che vede arrivare ogni anno alla Casa gialla di Usseaux soprattutto ospiti dal centro e nord Europa interessati alla Grande traversata delle Alpi. Facendo diventare la famiglia Challier, che nel frattempo si è ingrandita con due figli, un punto di riferimento per l'intero paese. «Ho fatto l'assessore per anni – spiega Claudio -. E molte idee per il paese, compresa la candidatura del sindaco, sono nate in questa casa. Negli ultimi 10 anni ci siamo dati da fare, abbiamo cambiato molto a Usseaux. Poi però ricordandomi com'era mi viene in mente che forse poteva essere fatto meglio, o che era meglio prima e abbiamo trasformato tutto in un villaggio per turisti». Il profumo dei gofri sale lungo i viottoli della borgata, richiamando i pochi abitanti e i viandanti di passaggio. Tutti si fermano ad assaggiarli chiacchierando amabilmente. «La mia vita è cambiata molto – racconta Anna -, perché da quando sono qui seguo il ritmo delle stagioni.

In estate, oltre agli ospiti, c'è il lavoro delle marmellate e nella prima parte dell'autunno di conserva delle verdure. Inoltre da maggio a settembre curo sette pezzi d'orto frazionati nel paese. Da ottobre in avanti la giornata è più tranquilla, abbiamo tempo di leggere qualche libro e riparare la casa. In inverno c'è Capodanno e Natale con gli ospiti, poi a febbraio vengono i gruppi di belgi a fare la settimana bianca». Negli ultimi cinque o sei anni però il posto tappa di Usseaux ha avuto un calo di clienti: perché la poca neve e la concorrenza dei Paesi dell'Est con buoni servizi e prezzi bassi, spiega Anna, concorrono alla crisi del turismo in valle. «Noi qui cerchiamo di arrangiarci – continua – ma con due figli fatichiamo ad arrivare a fine mese». Anche Claudio scuote il capo sconsolato. Un po' perché gli si è attaccato alla padella un gofri, un po' perché pensa alle prospettive della sua valle: «Manca una promozione turistica efficace – dice – tipo un punto informativo sovvenzionato dalle stesse attività turistiche, ma che informi davvero.

Non come le agenzie turistiche locali: un giorno sono andato a Fenestrelle a trovarli. Non sapevano nemmeno cosa fosse il Gta. Altro che attenzione alla realtà locale. Qui si inventano il formaggio Plaisentif, alle violette, per ingannare la gente. Quando le mucche non hanno mai mangiato violette. Perché arrivano al pascolo che le violette non ci sono più. E allora non puoi sempre portare su un imbecille la domenica e raccontargli quello che vuoi. Non capirà. Non serve a nulla e non "fai società"». L'odierna crisi della montagna infatti, secondo Claudio, risiede proprio nella difficoltà di "fare società" con i pochi rimasti. Perché: «Non puoi chiedere agli altri di trovare soluzioni per te che vivi qui – continua -. Le montagne sono ormai talmente disabitate che addirittura non c'è più nessuno da candidare, e i sindaci devono arrivare da fuori. Ci vorrebbe qualcuno con un bambino di 18 mesi che stesse qui. E avesse qualcosa da fare. Allora si lavorerebbe insieme per fare qualcosa.

Ma se l'obiettivo comune non c'è è inutile. Non ci sono nuove attività. E le vecchie chiudono. Reggono a Pragelato e Sestriere. Ma la differenza è che qui noi vogliamo vivere nel silenzio e offrire il silenzio: non la mostra o il concerto. Ma probabilmente c'è sempre meno gente che cerca questo». Il sole scalda le persone intente ad assaporare i gofri. Chi ha portato del formaggio, chi salame o prosciutto. L'atmosfera è di gioia, e le riflessioni di Claudio stimolano un dibattito sulla comunità locale. «Qui inoltre non c'è possibilità di integrarsi – sostiene Anna. – I pochi abitanti rimasti fanno solo discorsi di circostanza e sono piuttosto gretti. Quando sono arrivata hanno fatto finta di niente. Per poi cercare di denigrarmi. Perché in questi luoghi c'è molta paura: di essere derubati, presi in giro. Magari anche, inconsciamente, paura che i nuovi arrivati riescano laddove loro hanno fallito».

Ma Anna ammette che se il non nativo fosse Claudio, sarebbe forse stato per lui più semplice integrarsi. «Anche solo frequentando il bar – continua – dove va abitualmente a bere un bicchiere e a giocare a carte. Mentre io sarei l'unica donna a frequentarlo. Inoltre non bevo e non gioco a carte. Cosa ci vado a fare?». Il sole comincia a calare e la discussione dalla realtà locale si sposta verso un orizzonte più vasto: «Penso comunque che sia il sistema in generale ad essere entrato in crisi – dice Claudio. Lo vedo con i miei figli, esposti a continui messaggi prodotti dalla società globalizzata. Perché cittadini del mondo è una delizia, ma se non vieni da un luogo non sei nulla. Puoi fare tante cose e riuscire. Ma quando torni a casa sei solo. Ed è lì che le radici sono importanti». Anna annuisce, e aggiunge: «Ai nostri figli abbiamo dato una base, e se non desiderano la luna in futuro possono fare quello che vogliono. Se ti accontenti qui puoi vivere bene. Con gli orti e i freezer pieni della tua roba, potendo pagare un minimo di elettricità, non muori certo di fame.

In definitiva in montagna se ci si accontenta è molto più facile vivere che non in città. Ho vissuto l'una e l'altra realtà e sono convinta di aver fatto la scelta giusta. Non ho il posto fisso, ma il tempo di stare con gli altri, di pensare e di fare le cose che desidero. Che tutto sommato è il sale della vita».

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