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La storia insegna, anche in alpinismo e i più giovani ripercorrono itinerari di cinquant’anni fa con rinnovato piacere e senso della scoperta.

E’ di tre giovani alpinisti e guide alpine della Sezione militare alta montagna del Centro Sportivo Esercito di Courmayeur la prima ripetizione italiana della via tracciata da Alessandro Gogna e Leo Cerruti sul Naso di Zmutt del Cervino nel 1969. Marco Farina (31 anni), François Cazzanelli (24 anni) e Marco Majori (30 anni) sono arrivati in vetta al Cervino alle 11 di sera di sabato 27 settembre, dopo un bivacco in parete e uno alla base, dove si aspettavano di trovare ancora le tende montate al posto del rifugio Hörnli, chiuso per ristrutturazione.

«Il più grande strapiombo delle Alpi occidentali» è stato definito il Naso di Zmutt da Patrick Gabarrou, che vi aveva tracciato una nuova via nel 2001. «Una parete misteriosa e austera, incassata nell’immensa muraglia del versante nord del Cervino» la descrivono Farina, Cazzanelli e Majori nel resoconto pubblicato in questi giorni su Internet, proprio sul “blog” di Alessandro Gogna che scrive: «Effettivamente la salita al Naso ha rappresentato il massimo di ciò che ho potuto esprimere con la mia attività alpinistica». Erano i tempi dell’alpinismo esplorativo e nulla sapevano di quella parete Alessandro Gogna e Gianni Calcagno nell’estate del 1968, quando la tentarono per la prima volta. Quattrocento metri di misto prima del couloir ghiacciato e poi i due dovettero ritirarsi nella tempesta. Ci riprovarono nell’ottobre dello stesso anno Mirko Minuzzo, Livio Patrile e Rolando Albertini, ma invano e nel luglio del ’69 Alessandro Gogna, questa volta con Leo Cerruti, riuscì finalmente ad aprire la via, «la più esposta e impegnativa del Cervino», secondo la guida alpina svizzera Michael Lerjen-Demjen, che ne aveva effettuato la sesta ripetizione nel 2010 e così si esprimeva in una lettera allo stesso Gogna.

Grande soddisfazione quindi per i tre giovani militari che si sono portati a casa la prima ripetizione italiana e la settima in assoluto di una via riservata a pochi. Hanno impiegato due giorni per percorrere i 1050 metri di dislivello della parete, bivaccando sull’esile cengia dove gli stessi Gogna e Cerruti si fermarono per la loro seconda notte. Poi diciotto ore di arrampicata non stop, arrivando per fortuna con l’ultima luce del giorno alla Cresta di Zmutt, e poi in vetta al Cervino alle 23. «Un viaggio mistico nel cuore del Cervino – concludono il loro resoconto i tre militari – dove nulla è scontato e banale. Complimenti agli apritori che nel 1969 si sono superati aprendo una via futuristica e complicata che sicuramente ha portato un passo avanti l’alpinismo dell’epoca».

Ma non è stata questa l’unica ripetizione “di pregio” della scorsa estate. Lo scorso 13 settembre, le guide alpine Matteo Giglio e Arnaud Clavel hanno ripetuto in giornata la via Bonatti-Vaucher sulla parete Nord delle Grandes Jorasses (Punta Whymper).
La prima salita risale all'agosto del 1964 e Walter Bonatti e Michel Vaucher impiegarono quattro giorni per un itinerario classificato ED (estremamente difficile) e addirittura rivalutato ED+ dai primi ripetitori, Pierre Beghin e Xavier Fargeas in prima invernale nel 1976. «Fino all'estate 2014, ovvero in quasi mezzo secolo, la via è stata ripetuta solo da sette cordate (compresa la solitaria dello sloveno S. Sveticic) – scrive Matteo Giglio sul suo blog – Solo quest'estate, grazie alle condizioni generali della parete particolarmente propizie, di cordate se ne sono contate circa una decina (quasi tutte di francesi), segno che la via si sta affermando come un bel riferimento per l'arrampicata mista moderna, di un livello leggermente inferiore a top-routes come *No siesta*, e segno anche che il livello tecnico (e dei materiali) in media si è alzato notevolmente e rapidamente».

Ad Arnaud Clavel il merito di essersi ricordato del cinquantenario della prima ascensione
, come racconta sempre sul suo blog Matteo Giglio, che ha subito accettato e ha così potuto riscoprire una via e un episodio significativi  della storia dell’alpinismo moderno. Vale la pena di andare a leggere direttamente il resto dell’articolo e le riflessioni di Matteo Giglio su https://matteo-giglio.blogspot.it/.

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