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Conflict Tiger (Gran Bretagna – 2005), del regista inglese Sasha Snow è il vincitore della 54esima edizione del Trento Film Festival – montagna esplorazione avventura. Un film che – secondo la giuria che lo ha scelto tra i 50 film in concorso quest’anno – “crea suspense ed emozioni intense”.

La realtà della foresta russa (al confine con la Cina) in un piccolo villaggio ridotto alla povertà dopo il collasso del sistema comunista; la caccia alle tigri come unica risorsa per garantirsi la sopravvivenza; e l’estinzione progressiva del grande felino dalle foreste bianche: sono i temi che sorreggono i sessanta minuti di pellicola, costituiti da immagini di fiction fuse con eccezionali riprese d’archivio effettuate da Yuri Trush – lo specialista chiamato dalle autorità per risolvere il fenomeno del “conflict tiger”.



La tigre ha perso l’istintiva paura dell’uomo. Il cacciatore diventa preda. La tigre uccide un cacciatore di frodo prima; poi un altro; e non intende fermarsi. Questo è il conflict tiger e Yuri Trush è l’unico uomo in grado di stanare l’animale e porre fine alla sua azione omicida.



Un film che – a nostro avviso – merita il riconoscimento. La giuria ha parlato di “suspense” ed “emozioni intense”: è proprio così. Un film capace di ‘incollare alla poltrona’ e di offrire notevoli spunti di riflessione. Il punto forte di “Conflict Tiger” è forse dato dalla fusione delle tipologie (fiction – documentario – “quasi” reportage) presenti in questo lavoro; fusione che a livello visivo si traduce nell’ottima combinazione tra immagini di fiction e d’archivio. E’ un film ‘armonico’ – in senso letterale – che sa toccare i tasti giusti della tastiera emotiva e non perde mai di ritmo. La foresta, la tigre, l’uomo.



La Genziana d’Oro per il miglior film di esplorazione e avventura è andata invece al film Jenseits von Samarkand, dei tedeschi Thomas Wartmann e Lisa Eder: storia d’amore narrata attraverso gli occhi di una giovane donna uzbeka, che svela i suoi valori, le sue aspirazioni, le sue paure, e i suoi dubbi e – parallelamente – la vita di una comunità dove un matrimonio d’amore rimane il sogno principale di ogni donna.



La Genziana d’Oro del Cai per il miglior film di alpinismo non è stata assegnata.



Per il miglior contributo tecnico artistico, genziana d’argento al film francese Tameksaout, del regista Ivan Boccata, storia di una famiglia marocchina nella sua quotidianità mentre sfida il nostro concetto di tempo.

Per la migliore produzione televisiva, al film del regista svizzero Christian Frei, The Giant Buddhas, reportage sulla perdita di un patrimonio mondiale, i Buddha giganti della valle di Bamiyan in Afghanistan.



Miglior cortometraggio: premiata la regista Amanda Boyle con Hotel Infinity, metafora attraverso la quale l’autrice prova ad interrogarsi sulla sostenibilità di un mondo in continua espansione.

Il Premio Speciale della Giuria è stato assegnato al film Zdroj – The source, di Martin Mareček; una documentata e coraggiosa denuncia, attraverso una rischiosa raccolta di sequenze nella zona controllata dalla BP Azerbaijani Oil Pipeline, con cui l’autore rivela qual è stato il prezzo umano e ambientale pagato per il petrolio in Azerbajian.

Il pubblico ha votato invece per Dreaming Lhasa (India – Gran Bretagna), dei registi tibetani Ritu Sarin e Tenzing Sonam (tra i suoi produttori l’attore Richard Gere).

Alberto Bastianini- inviato a Trento







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