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Un paio di settimane fa Cortina ha salutato il suo eroe del bob, Eugenio Monti che, colpito dal morbo di Parkinson che lentamente divorava i suoi muscoli e la sua memoria, ha deciso di suicidarsi nella sua abitazione di Cortina. Nato il 28 gennaio del 1928, a 22 anni era una delle promesse dello sci azzurro degli anni Cinquanta. Poi cadde rovinosamente sulla Banchetta durante una sessione di allenamento al Sestriere e si lacerò i legamenti del ginocchio. I sogni di gloria sembrarono svanire: Eugenio con lo sci aveva chiuso.

Un altro si sarebbe rassegnato, lui – il Rosso – cambiò disciplina e ricominciò da capo. Fu proprio da quell’incidente sulla Banchetta che cominciò la carriera del più grande pilota di bob della storia. È la storia di colui che incarnò la velocità nei budelli di tutto il mondo per oltre tre lustri, di colui che raccolse con pazienza i frutti di un lavoro lungo e meticoloso solo all’età di quarant’anni, con il doppio oro alle Olimpiadi di Grenoble del 1968. Un’epopea che non finirà mai di essere raccontata, una storia, quella del “rosso volante”, che rappresenta uno degli emblemi della storia dello sport mondiale. Conquistò tanti successi e si tolse mille soddisfazioni agonistiche, ma la vita non gli risparmiò nulla. Il suo figlio primogenito, Alex, era morto 30enne, probabilmente di overdose. L’altra sua figlia, Amanda, si era trasferita negli Stati Uniti, poi raggiunta anche da sua moglie Linda. Lui no, era rimasto qui, sulle sue montagne. Dove era ancora presidente onorario della società che gestisce gli impianti di risalita Faloria, gli stessi ai quali fino a due anni fa si recava quotidianamente. E per i quali si era preso anche una denuncia con relativa condanna per danni arrecati al patrimonio ambientale.Era provato da tante dolorose vicende il “rosso volante”. Ma non si era mai piegato. Fino al gesto disperato, quando evidentemente nemmeno i ricordi di una carriera straordinaria devono essergli stati più di consolazione.

Passata quindi la commozione e il cordoglio la comunità della città ampezzana si interroga. Oltre che chiedersi se è stata in grado di stargli fortemente vicino fino alla fine (perché un suicidio è sempre anche una disperata richiesta di aiuto) Cortina si domanda se saprà ora di testimoniare la pesante eredità di Monti e se sarà ancora capace di esprimere campioni del suo calibro, vincenti nelle gare e protagonisti dello sviluppo della propria collettività.

Eugenio Monti ha infatti svolto un ruolo fondamentale nell’affermazione turistica della conca ampezzana, non solo per averne portato il nome in giro per il mondo, ma anche per essere intervenuto in prima persona in alcuni progetti di valorizzazione territoriale – di cui ora la “Conca” ora ne va fiera – con alcune azioni estremamente generose quando eclatanti.

Cortina ha oggi più che mai bisogno di grandi testimoni stile Eugenio Monti, perché il mito di una località alpina lo fanno gli uomini e le montagne insieme, solo se queste sanno essere valorizzate dagli uomini stessi.







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