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La fase 2 della montagna: il Governo non ne parla ma il Club alpino italiano e il Collegio nazionale delle Guide alpine, che raccoglie anche accompagnatori di media montagna e guide vulcanologiche, stanno studiando le modalità per un ritorno ai monti in sicurezza.

Ne hanno parlato domenica scorsa con Hervé Barmasse, durante una diretta su Instagram, Vincenzo Torti, presidente generale del Cai e Pietro Giglio, presidente del Collegio nazionale delle Guide alpine.

Come ha sottolineato Vincenzo Torti in montagna il distanziamento è naturale. Per renderlo ancora più tangibile ha proposto di cercare montagne inesplorate perché non è l’altezza che conta e l’Italia ha migliaia di km di sentieri.

Pietro Giglio ha affermato che bisognerebbe reinventare gli alpinisti e l’immaginario collettivo della montagna: «Tutti chiedono di scalare montagne simbolo, quelle che sono diventate attrattive turistiche, e dato che non sarà possibile concentrarsi su poche montagne, sarà compito di guide e accompagnatori far riscoprire montagne meno conosciute ma altrettanto interessanti e affascinanti».

Persino Hervé Barmasse ha ammesso di non aver ancora scalato tutte le montagne della Valle d’Aosta, la sua regione. Conoscere meglio un territorio vicino a noi potrebbe essere un’indicazione per praticare l’alpinismo e l’escursionismo la prossima estate.

Vincenzo torti ha annunciato la preparazione di un kit per i rifugi, con saturimetro, termometro per la misurazione della temperatura a distanza e strumenti di sanificazione, che potrebbe interessare non solo le strutture del Cai, ma anche quelle private. L’apertura dei rifugi è una questione spinosa, ma di vitale importanza per i gestori, i lavoratori e i fruitori, alpinisti ed escursionisti.
Tante le possibili soluzioni, dalle tende (quelle proprie degli alpinisti) come appoggio ai rifugi che potrebbero essere attivi per ristorazione e per fornire i servizi igienici alle agevolazioni economiche (il Cai sta pensando di abbassare i canoni di affitto). Di sicuro ci sarà da faticare di più per garantire sicurezza a lavoratori e clienti, ma in montagna si è abituati a faticare.

Andar per monti sarà più faticoso anche perché alpinisti amatoriali e guide alpine sono fermi da due mesi. Su questo punto la Società Italiana di Medicina di Montagna, interpellata proprio dalle Guide Alpine per fornire delle raccomandazioni, su come riprendere l’attività fisica afferma che: «Nella fase 2 dove è ipotizzabile un periodo precedente di prevalente sedentarietà una ripresa non graduale dell’attività può causare effetti dannosi con innesco di meccanismi degenerativi cellulari. È quindi fondamentale essere allenati in maniera appropriata sulla base dell’attività fisica che vogliamo fare, altrimenti si può avere una transitoria immunosoppressione che si associa a un maggior rischio di contagio».

La guida alpina, per decidere il tipo di attività, dovrebbe valutare la forma fisica del cliente e preparare gite e itinerari con caratteristiche di sforzo un po’ al di sotto delle possibilità per non creare una situazione di stress ossidativo eccessivo e favorire complicanze di eventuale infezione da Sars-COV-2.
Un metodo semplice ma efficace per verificare che l’intensità di esercizio non sia eccessiva è il Talk Test che si basa sulla capacità di sostenere una conversazione: non superare l’intensità di esercizio alla quale è ancora possibile parlare seppure con qualche difficoltà.

Di montagna però il Governo parla ancora troppo poco, dimenticandosi di tutta una fetta di comparto turistico che è fondamentale per le regioni dell’arco alpino e per molte aree appenniniche. Le proposte per ricominciare in sicurezza ci sono e al Governo sono state inviate.

Documenti riassuntivi:

 

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