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"Ci sono nuove vie da aprire su tutti i 14 ottomila del pianeta, decine di vette oltre i 7000 sono ancora inesplorate, e lo stesso vale per altre centinaia sopra i 6, 5, 4 e 3000 metri. L'alpinismo, quindi, ha ancora tanto da fare". Lo ha affermato Simone Moro aprendo la bella serata andata in scena al XII Cervino Cine Mountain.

Ai piedi della Grande Becca, lungo la centrale via Carrel del Breuil, anche Hervè Barmasse, che proprio sul Cervino ha mosso i suoi primi passi alpinistici e cha ha rimarcato: "chi diventa alpinista sul Cervino non avrà difficoltà a salire le altre montagne del mondo". La frase, ci ha raccontato Hervè, gli è stata ripetuta più volte dal padre, suo primo capo cordata e istruttore, proprio lungo le vie della piramide rocciosa. E a giudicare dalle imprese che il valdostano ha completato con successo, in tutto il mondo, ci pare di capire che in essa ci sia un solido fondo di verità.

In una serata fresca e amichevole, in compagnia del giornalista e scrittore Enrico Camanni e della conduttrice Valeria Allievi, un attento e numeroso pubblico ha seguito la piacevole chiacchierata con Simone ed Hervè. Il dibattito ha divagato intorno ai numerosi temi che caratterizzano il mondo dell'alpinismo, di ieri e di oggi. Tra un intervento e l'altro, la proiezione di alcuni scorci che hanno fatto la storia della cinematrografia verticale: dalla prima salita al Cervino, si è passati alle fiction girate sul Monte Bianco, alla libera danza di Patrick Edlingè, sino a quell'indimenticabile Grido di Pietra, con cui il registra Herzog portò, negli anni '90, il mondo intero sulla vetta del Cerro Torre.

Il confronto tra i salitori di vette, esploratori e scrittori ha dato vita ad un'inedita cordata che ha toccato, dovutamente, anche la discutibile "via" della comunicazione, lungo la quale molti passaggi/problemi sono ancora da risolvere. "Si fa fatica ad uscire da una situazione che dura ormai da alcuni decenni", ha sottolineato Camanni. Una sorta di "sosta" mediatica per cui di montagna si parla solo quando c'è di mezzo una tragedia e di frequente in modo sommario e approssimativo. Ma l'alpinismo verò dov'è? Ce ne siamo dimenticati? Qualcuno ne può riferire, in modo corretto, al grande pubblico.

Inevitabile il ricordo degli accadimenti dell'estate del 2008, quando tra morti, eroi, superstiti e verticali himalayane, il caos mediatico sembrò toccare il suo apice. Anche in questo tipo di attività – che ruota intorno a Tv, giornali e siti internet, e che coinvolge in primis i giornalisti, ma anche gli stessi alpinisti – molte "vie", necessariamente, devono ancora essere salite.  

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