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Sabato prossimo, 24 maggio, ad Ormea (CN), verrà celebrato il rito della preparazione di uno dei piatti tradizionali più apprezzati della cucina alpina: la polenta saracena. In realtà, che i saraceni che bazzicavano da queste parti prima del Mille apprezzassero la ricetta in questione è abbastanza improbabile. Il sostanzioso piatto prende il nome, piuttosto, dal suo ingrediente principe, la farina di “grano saraceno” (Fagopyrum esculentum), vegetale che si diffuse sulle Alpi a partire dal basso medioevo dopo aver risalito il resto della penisola. Dall’Alto Adige, dove il “grano della brughiera” finisce nei “knödel”, alla Valtellina, dove la “farina nera” insaporisce i pizzoccheri, l’uso di questo parente dei cereali più diffusi, che riesce a vegetare in alta quota, si è conservato nella tradizione delle cucine locali. Oggi l’Italia importa grano saraceno da Polonia, Cina e Sudafrica, ma, alle testate delle valli del Tanaro e del Corsaglia, al confine tra Liguria e Piemonte, non è così improbabile imbattersi in qualche podere decorato dalle caratteristiche fioriture bianche o rosa del “furmentin”.

Ben venga, quindi la festa di Ormea, che si svolgerà alla sede della “Società Operaia 1889”. Qui, dalle ore 19 di sabato 24, si potrà assistere “in diretta” alla preparazione della polentata. La ricetta tradizionale dell’Alta Val Tanaro, diffusa, con ampia gamma di paiolo utilizzato in malga per cottura della polenta varianti, lungo pressoché tutte le Alpi Liguri, prevede un impasto di patate, farina di saraceno e farina di frumento (non è, poi, molto dissimile da alcune versioni di quella che in altre zone montane chiamano “polenta taragna”). La cottura si prolunga per almeno mezz’ora: la formazione di grumi nella polenta saracena è considerata in modo unanime una delle onte più gravi che possano capitare al cuoco. Per prevenire questa drammatica evenienza, i tradizionalisti impongono la sorveglianza continua della polenta in ebollizione, e si impegnano in un continuo rimescolamento sfidando la stanchezza, il calore e i crampi alle braccia; i modernisti si concedono trucchi più o meno sleali, come l’aggiunta di un po’ di olio di oliva nell’acqua prima di versare le farine. Come condimento, gli ormeaschi propongono il sugo di porri, latte e funghi secchi, in perfetta aderenza ai dettami della “cucina bianca”. Dalle 20 in poi, versato il sugo, si conclude, diciamo così, la fase “didattica” e si passa all’assaggio: inizia la cena con accompagnamento musicale.

Un altro interessante appuntamento gastronomico promosso ad Ormea coinvolge quattro ristoranti della cittadina, che presentano, ogni venerdì sera fino al 30 maggio compreso, un programma di serate con menù (a prezzo fisso) rappresentativi delle specialità della cucina della Val Tanaro. “Nei diversi menù si ritrova la variegata offerta gastronomica locale, che spazia dalle preparazioni più semplici e rustiche a quelle più moderne e sofisticate”, spiegano i ristoratori aderenti. Partecipano alla manifestazione “I sapori del cuore delle Alpi del Mare” i ristoranti “Il Borgo”, “Le Trou”, “Vecchia Locanda” e “Ponte di Nava – Da Beppe”.



Informazioni e prenotazioni:

Ufficio Turistico – Pro Loco

tel. e fax 0174 392157

Internet: ormea.cn

E-mail: info@comuneormea.cn.it









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