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In occasione della seduta di insediamento del Comun General de Fascia, tenutasi il 14 luglio scorso, data che ricorda lo storico raduno promosso da Zent Ladina Dolomites al Passo Sella nel 1946, l’Union di Ladin e l’Istituto Culturale Ladino hanno ritenuto opportuno donare a ciascun membro del Consei General alcuni libri che documentano la storia del movimento ladino negli ultimi cent’anni. Basterebbe scorrere qualche pagina di questi pregevoli lavori di Cristina de Grandi e di Mauro Scroccaro per  trovar smentite le fantasiose ricostruzioni pseudo-storiche che si sono udite nel corso della seduta, le quali – a detta dell’estensore – giustificherebbero l’espulsione a furor di popolo di Moena dal consesso. Lo stesso, in altra occasione, ha sostenuto che il 14 luglio 1946 non c’erano moenesi al Passo Sella. Ebbene, a pag. 85 del volume “Guido Iori de Rocia e la grande utopia dell’unità ladina” troviamo nomi e cognomi dei rappresentanti moenesi che partecipavano alle riunioni di Zent Ladina Dolomites: Domenico Jellici, Alois Somamvilla, Wolfgang Sommavila e Giovanni Sommavilla. Questi, tra l’altro, sono elencati distintamente rispetto ai quattro rappresentanti della Val di Fiemme, provenienti da Predazzo, Tesero, Cavalese e Ziano.

Ciò dovrebbe essere sufficiente per rimarcare che il movimento politico fondato da Guido Iori Rocia e Sisto Ghedina includeva anche Moena (oltre ai “ladini di Fiemme”), e che esponenti moenesi facevano parte a pieno titolo dell’organizzazione, la quale contava in paese non pochi aderenti e simpatizzanti. Negli stessi anni troviamo figure di spicco moenesi anche tra gli iscritti dell’Union Culturela di Ladins fondata da Max Tosi a Merano: la tessera di “cumember” di Ermanno Zanoner (in arte Luigi Canori) è attualmente esposta presso la mostra “Anter la jent / Fra la gente” allestita al centro Navalge di Moena.
Al di là di queste annotazioni marginali, preme sottolineare il significato non solo simbolico che questi volumi detengono per i rappresentanti eletti nel Comun General de Fascia. Se è importante il richiamo storico alle antiche istituzioni comunitarie, come anche alle radici preistoriche del possesso comune dei pascoli, un’importanza ancora maggiore va attribuita alla storia più recente documentata nei volumi citati, quella che attraverso la “lunga marcia dei ladini fassani” (come amava chiamarla l’indimenticato Giudice Jellici) ha consentito di rifondare e consolidare l’identità della Val di Fassa nel contesto della minoranza ladina delle Dolomiti: e non v’è dubbio che solo il riconoscimento di questa specificità “etnico-linguistica” ha consentito di giungere alla costituzione prima del Comprensorio ladino di Fassa, quindi del Comun General de Fascia.

Altrimenti la valle non avrebbe avuto destino diverso né diverse prerogative rispetto alla contigua Val di Fiemme o alle altre comunità del Trentino. Questo processo, fondato sullo status di “minoranza linguistica” rivendicato e riconosciuto anche ai fassani, ha ridefinito (non senza discussioni) anche il profilo territoriale della valle, modificando antiche appartenenze ed antichi confini, come quelli esistenti un tempo fra le magnifiche Comunità di Fassa e di Fiemme. Ed anche questo ormai è Storia, una storia cui Moena ha partecipato a pieno titolo a tutti i livelli, linguistico, culturale, politico.
Ci auguriamo che i rappresentanti eletti che oggi si accingono a reggere le sorti del Comun General de Fascia sappiano ricavare dai libri donati dall’Union di Ladins e dall’Istituto ulteriori motivazioni a fondamento della loro azione, per onorare degnamente coloro che nei decenni passati hanno lungamente sognato, operato e combattuto per questo obiettivo che oggi è divenuto realtà.

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