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Nel Parco nazionale del Gran Paradiso nidifica il più alto numero di coppie di aquile reali delle Alpi, ventisette in tutto. Sono i dati emersi da un censimento effettuato dai guardaparco e dal servizio scientifico dell'Ente Parco lo mese di agosto: un nuovo primato per la più antica area protetta italiana.

«Ci sono così tante aquile reali nel Parco perché il numero di ungulati è molto alto – spiega il veterinario e responsabile del servizio scientifico Bruno Bassano – le aquile possono cibarsi in inverno delle carcasse di ungulati morti e una coppia in buono stato di nutrizione ha più probabilità di successo riproduttivo.».

Nel Parco vengono monitorati i nidi e gli involi dei piccoli, di solito uno per nido. «L’accoppiamento avviene di solito a dicembre e la deposizione delle uova a febbraio – marzo – continua Bruno Bassano  –  Di regola un solo pullus, come è chiamato il piccolo, riesce a involare. Raramente la coppia riesce a crescerne due, perché i pullus entrano in competizione tra di loro, uno cresce più in fretta dell’altro e capita che lo butti fuori dal nido. Da dati in nostro possesso, non ancora pubblicati su riviste scientifiche, si è osservato un legame diretto tra il numero di aquile reali e la mortalità invernale degli ungulati, sia stambecchi sia camosci: se ci sono inverni con tanta neve aumenta la mortalità degli ungulati e cresce il numero delle aquile reali. Uno studio recente attribuisce l’alto numero di aquile e gipeti nelle aree protette proprio all’alta disponibilità di risorse alimentari. Quello del Parco è quindi un ambiente molto produttivo, in cui trova vantaggio il predatore, e l’effetto di predazione dell’aquila è importante sugli equilibri tra le specie». L'aquila durante l’estate si nutre di marmotte e piccoli mammiferi, ma durante l’inverno sono le carcasse degli ungulati la sua principale fonte alimentare.

Ma a rendere possibile l'elevata densità di questi rapaci potrebbe anche essere il lavoro di protezione svolto dall'Ente Parco, che ad esempio limita i sorvoli sull'area protetta, uno dei fattori che più disturba i rapaci, in modo particolare durante la stagione di nidificazione. «In effetti è stata fatta l’ipotesi che il fattore disturbo che si ha altrove e non nel Parco potrebbe giocare a favore dell’alta densità delle aquile nel Parco. Per altro l’aquila reale è ancora poco studiata, anche se sappiamo che è un predatore alato piuttosto “plastico”, cioè che sa adattarsi ad ambienti diversi, dall’alta alla media montagna. Può addirittura nidificare sui larici e ne abbiamo un esempio sul versante piemontese del Parco.», spiega ancora Bruno Bassano. Se al di fuori del Parco le aquile reali possono essere molestate da attività umane, tra cui quella dell’eliski, che si svolge proprio nel periodo dell’accoppiamento e della nidificazione, all’interno del Parco l’azione di disturbo potrebbe essere fatta da chi scala cascate di ghiaccio, tanto che già in passato, nel territorio del Parco, era stato regolamentato l’accesso a una parete di roccia e a una cascata di ghiaccio vicine a un nido di gipeto, ma al di là di queste eccezioni la convivenza con l’uomo, residenti o turisti, è possibile, anzi il volo maestoso delle aquile reali rappresenta un’attrattiva in più per il Parco.

foto di Andrea Carta: il veterinario Bruno Bassano

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