Select Page

La telemedicina è ormai un utile strumento nella pratica della medicina di montagna o rimane ancora a livello di progetti sperimentali limitati nel tempo? Se ne è discusso nel convegno tenutosi lo scorso 22 ottobre a Bressanone a conclusione delle giornate dell’International Mountain Summit.  A parlare dell’argomento sono stati chiamati esperti di medicina di montagna, di soccorso, di organizzazione sanitaria in regioni di montagna ed è stato sentito il parere anche di noti alpinisti. Molte sono state le voci a favore, poche contro, generando però talvolta un po’ di confusione.

La telemedicina è senza dubbio uno strumento utile per migliorare l’assistenza sanitaria in montagna, come in tutti gli ambienti estremi, difficilmente raggiungibili dai servizi sanitari per situazioni ambientali, geografiche e meteorologiche o che abbiano la popolazione dispersa su ampi territori. In Italia, non esiste ancora una legge che regoli le prestazioni tele mediche sul territorio, al contrario della Francia, dove la legge 13 agosto 2004, articolo 32, mette fine al divieto della medicina a distanza. In Italia rimangono aperti a livello legislativo una serie di problemi sulla telemedicina, che si possono sintetizzare nell’acquisizione del consenso informato, nella trasmissione e tutela di dati sensibili e nelle conseguenze dell’eventuale malfunzionamento del dispositivo telemedico e dell’attribuzione di responsabilità ai vari livelli della catena telemedica.  Anche in Italia sono ovviamente esclusi i casi che ricadono sotto lo stato di necessità (articolo 54 del codice penale italiano) e che contemplano quasi tutti gli interventi a distanza relativi al soccorso in montagna, ma non c’è normativa per i progetti di telediagnosi e telemonitoraggio, tuttora a livello sperimentale, che pure potrebbero rappresentare sia una miglioria nell’assistenza sanitaria sia, seppure a lungo termine, un risparmio sulla spesa sanitaria. Anche l’e-learning e il consulto a distanza possono essere un aiuto per poter praticare sempre più la cosiddetta “medicina basata sulle evidenze scientifiche”.

Il convegno di Bressanone è stato aperto dalla lectio magistralis di Emanuel Cauchy, medico di Chamonix, direttore dell’Ifremmont, che ha tenuto una “lectio magistralis” sull’utilizzo della telemedicina nel campo del soccorso in montagna e delle spedizioni alpinistiche extra-europee, partendo dalle sue prime esperienze personali fino alle sue più recenti spedizioni, seguendo l’evoluzione delle tecnologie, degli apparecchi medicali e degli strumenti di comunicazione.  Negli ultimi anni con i progetti Interreg Resamont  1 e Resamont 2, di cui ha parlato anche Guido Giardini, Presidente della Società Italiana di Medicina di montagna e Direttore dell’Ambulatorio di Medicina di Montagna dell’Ospedale di Aosta, si è sperimentata la telemedicina sia nelle Alpi, gestendo uno scambio d’informazioni tra i centri medici italiani e francesi che hanno partecipato ai due progetti, sia come servizio offerto in spedizioni extraeuropee. Gianfranco Parati, dell’Università di Milano Bicocca, ha portato gli esempi di tele monitoraggio cardio respiratorio in ambienti estremi e delle possibili applicazioni sul territorio alpino. Analogamente per le Alpi orientali hanno dato il loro contributo Hermann Brugger e Giacomo Strapazzon dell’EURAC di Bolzano con esempi di utilizzo coronato da successo della telemedicina nel soccorso in montagna, e Manfred Brandstetter, direttore del Servizio 118-112 di Bolzano, che ha illustrato le nuove frontiere, i vantaggi e i limiti della telemedicina in aree impervie. Luca Neri dell’AREU della Lombardia ha parlato di alcuni aspetti organizzativi e tecnologici riguardanti la trasmissione di dati tramite la telemedicina e di alcuni progetti in corso per l’assistenza tele medica sul territorio montuoso della regione. Renato Vindimian ha, invece, parlato della prevenzione e del soccorso realizzati grazie alla telemedicina nei comprensori sciistici invernali.

L’avvocato Waldemaro Flick della Fondazione Courmayeur di studi giuridici ha incentrato la sua relazione su alcuni aspetti medico-legali della telemedicina, auspicando che si arrivi presto a normare questa branca emergente della medicina. Waldemaro Flick ha sottolineato l’importante novità contenuta nel recente Decreto Legge 158/2012, conosciuto come Decreto Balduzzi, in cui all’articolo 3 si stabilisce che “nell’accertamento della colpa lieve nell’attività dell’esercente le professioni sanitarie, il giudice tiene conto… dell’osservanza delle linee guide e delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica nazionale e internazionale”. «L’osservanza delle linee guida e delle buone pratiche accreditate diventa quindi una scriminante del reato, al pari dello stato di necessità e della legittima difesa, abolendo la responsabilità in sede penale, ferma restando quella civile», ha rimarcato Waldemaro Flick. E la telemedicina offre sicuramente un supporto per l’insegnamento a distanza e la ricerca di dati della letteratura, incluse le linee guida.
 
Jennifer Dow, responsabile dei servizi sanitari del Denali National Park, ha parlato di vari esempi di utilizzo della telemedicina nella regione del monte Mc Kinley, in Alaska. Una voce fuori dal coro è stata quella di Osvald Oelz, alpinista e medico di Zurigo, amico e compagno di spedizione di Reinhold Messner. Oswald Oelz ha puntato il dito sulla scarsa o assente utilità della telemedicina in alcune situazioni di soccorso, cui ha partecipato direttamente, dimenticando forse di considerare che tali situazioni erano casi limite. Pur essendo corretto affermare che la telemedicina non è una panacea e che in certi casi, come ha dichiarato più tardi Ueli Steck, il cellulare o il satellitare sono solo un disturbo alla concentrazione necessaria agli alpinisti impegnati su vie estreme dove i rischi sono alti e le possibilità di soccorso nulle, in molti altri casi rimane uno strumento che se utilizzato in modo corretto, è un aiuto reale per i soccorritori. L’intervento di Renzo Dionigi, professore dell’Università dell’Insubria, organizzatrice del convegno e del Master di medicina di montagna, ha concluso con una “lectio magistralis” sugli aspetti organizzativi della centrale di soccorso.

Il cammino per una piena attuazione delle possibilità molteplici della telemedicina è ancora lungo. Le barriere che ancora ne impediscono il pieno sviluppo sono: l’assenza di normativa, i costi e il sistema di pagamento, la responsabilità medico legale, i problemi assicurativi, la qualità del servizio e problemi tecnici che possono intervenire in qualsiasi punto della complessa catena della telemedicina. La storia recente ci può insegnare a capire gli effetti del progresso tecnologico sulla comunicazione interumana, come l’uomo si adatti alle nuove tecnologie, e infine a riuscire a stare al passo con il progresso tecnologico che cresce in modo logaritmico, anche in termini di regole e leggi.
Ci sono progetti attuativi per portare wi-fi e banda larga in montagna e nei rifugi e soprattutto per usarli per la telemedicina. Valutando correttamente il rapporto costi / benefici  e mettendo al primo posto, come afferma l’organizzazione mondiale della Sanità, la salute degli individui e delle loro comunità, si dovrebbe pensare a investimenti, in cui il ritorno economico spesso si ottiene oltre i termini dei mandati elettorali,  ma che in un’ottica lungimirante potrebbero risultare quanto mai efficaci.

foto: Miss Oh, archivio Grivel

Share This