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È consuetudine ormai secolare la sera del 16 febbraio nelle borgate delle Valli valdesi accendere dei fuochi in segno di gioia, in ricordo della firma delle “Lettere Patenti” con le quali il Re Carlo Alberto concedeva per la prima volta nella storia del Piemonte i diritti civili alla minoranza valdese e, qualche giorno dopo, anche alla minoranza ebraica. Con questo atto il Regno del Piemonte non solo poneva fine ad una secolare discriminazione nei confronti di una parte dei suoi sudditi, ma avviava anche un processo di modernizzazione che lo poneva al livello degli altri stati europei e alla testa del movimento del Risorgimento italiano.

Celebrare oggi quell’evento non vuol dire solo ricordare un momento del passato, ma soprattutto essere consapevoli che la libertà di coscienza è una delle libertà fondamentali di uno stato democratico come del resto viene anche affermato nella Carta costituzionale della Repubblica Italiana. Il “fuoco della libertà” vuol essere anche simbolo gioioso di comunione e dialogo tra popoli, culture e fedi diverse.

La festa del 16 febbraio, da sempre, non ha un carattere religioso – sebbene i valdesi siano oggi ancora riconoscenti al Signore per la libertà ottenuta – ma civile. Intorno al falò si raduna tutta la popolazione al di là delle differenziazioni politiche, culturali, religiose, per una grande festa popolare. Il 17 febbraio, invece, le comunità religiose si riuniscono per un culto e una giornata interamente comunitaria che spesso si conclude con una rappresentazione teatrale.

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