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Una serata all’insegna della passione per la montagna, dei legami di corda e di affetti familiari, dell’innovazione e del divertimento, delle nuove generazioni, quella che a Courmayeur, giovedì 8 aprile al Jardin de l’Ange, ha aperto le celebrazioni del Piolet d’or 2010.

«Una mano di vernice fresca sulle piccozze», ha affermato Gioachino Gobbi, patron della Grivel che ha organizzato l’evento con il Comune di Courmayeur e la Regione Valle d’Aosta. L’idea di rinnovamento, di ricerca di uno stile nuovo è stato uno dei temi centrali degli interventi degli scalatori presenti, ma senza dimenticare il passato e gli alpinisti che hanno ispirato e ancora ispirano le nuove generazioni. A ricordarlo la presenza in sala di Walter Bonatti, Piolet d’or alla carriera dello scorso anno, che ha condiviso l’idea che l’alpinismo è soprattutto «ricerca di sé, un mezzo per conoscersi e per viversi».

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Le cordate invitate erano tutte “famigliari”, formate da fratelli, o nel caso dei Barmasse, da padre e figlio. Le immagini della nuova via aperta insieme sulla Sud del Cervino il 17 marzo scorso, hanno dato il via alle emozioni. «Sono stato un discreto cliente» ha esordito Marco Barmasse per sottolineare che a fare da capo cordata è stato quasi sempre Hervé. Marco ci ha messo l’idea di quella linea che inseguiva da tempo. Ne ricordava perfettamente l’attacco, pur avendola tentata una sola volta, venticinque anni fa, con Walter Cazzanelli. Allora le difficoltà apparvero insormontabili e l’idea rimase nel cassetto. Duplice soddisfazione quindi per averla portata a termine e con il figlio Hervé, nonostante le difficoltà psicologiche per la scarsa possibilità di mettere protezioni.

«Il Piolet d’or dovrebbe essere occasione più che per premiare la miglior realizzazione, per trasmettere la cultura dell’alpinismo e per discutere dei problemi ancora da risolvere in campo alpinistico, comprese le Alpi che sono da rivalutare» ha affermato Hervé Barmasse. Gli hanno fatto eco gli amici Anthamatten, i fratelli Simon e Samuel, da Zermatt, sull’altro versante della Gran Becca. Bicipiti e avambracci da Popeye, i due vallesani, 26 e 23 anni, hanno già fatto parlare di sé e hanno già legato il loro nome a una via sul Cervino, situata tra la Bonatti e la Gogna. Quel che conta non sono i gradi, e d’altronde non è possibile andare a verificare le difficoltà di vie aperte sulle montagne himalayane, vie  che difficilmente saranno ripetute, perché «l’alpinismo si fa con le emozioni».

Hansjörg Auer, noto per aver salito “free solo” la via del Pesce in Marmolada ha insistito sulle motivazioni: chi ha un sogno, è veramente motivato e trova la spinta per superarsi. Il fratello Vitus che lo accompagna in molte scalate trova nelle motivazioni di Hansjörg la pazienza per assicurarlo alle soste, quando prova e riprova nuovi passaggi.

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Iker ed Eneko Pou, effervescenti scalatori baschi da Vitoria, hanno improntato il loro alpinismo al divertimento: amano la roccia, il caldo, l’esplorazione, i viaggi, tanto che si sono inventati un tour per toccare sette montagne nei sette continenti.  Si divertono sul 9 a+, il massimo grado di difficoltà raggiunto in falesia, un po’ meno al freddo. «Se mai vincessimo un Piolet d’or – ha detto Eneko – vorrà dire che abbiamo smesso di divertirci. Un alpinismo troppo di sofferenze e di freddo quello che contraddistingue òe realizzazioni da Piolet». Un’altra sfaccettatura del variegato mondo alpinistico contemporaneo, dove i giovani sembrano veramente trovare i loro spazi.

Foto Lanzeni Courmayeur

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