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E’ di grandissimo interesse quest’anno a Locarno la sezione Open Doors, dedicata alla cinematografia dell’Asia centrale. Il dissolvimento dell’impero sovietico ha liberato grandi energie intellettuali che mettono in moto processi di ricerca di identità, collocazione politica, modernizzazione sociale. 

Per rimanere nel nostro ambito di competenza, ci ha particolarmente colpito un film kazako, Kelin, di Ermek Tursunov, girato con notevole maestria tecnica sulle montagne dell’Altai. Una bellissima ragazza, Kelin, viene data in sposa al miglior offerente tra due pretendenti. Il vincitore non è colui di cui la ragazza è innamorata. Kelin si trasferisce a casa del marito, dove vive con il fratello più piccolo dello sposo e con la madre di lui, una vecchia inquietante, sacerdotessa di cupi riti propiziatori. Piano piano Kelin si adatta alla nuova vita, che viene però presto sconvolta dal ritorno del pretendente sconfitto, che uccide il marito e la rapisce. 

E’ un film totalmente senza dialogo, il che speriamo possa favorirne la distribuzione in Europa. Nonostante questo è avvincente e teso, e tiene altissima l’attenzione per tutti gli 80 minuti della proiezione. La fotografia è bella, molto curata (a volte troppo) e la storia è raccontata con un mestiere che forse non dovrebbe sorprendere, tenuto conto degli strettissimi legami che il Kazakistan ha ancora con Mosca e che si riflettono certamente anche nelle relazioni culturali.

Bene fa Locarno ad aprire queste porte verso mondi sconosciuti e contributi culturali che non possono che arricchirci.

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