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La Grivel, la prima a fabbricare i ramponi di concezione moderna nel 1909, ha sviluppato nel corso degli anni una gamma di ramponi che per disegno, materiale, peso e sistema di allacciatura sono adatti alle esigenze più diverse, dallo scialpinismo, anche di competizione, fino alle scalate su ghiaccio strapiombante. I suoi quindici modelli, tutti con l’antizoccolo incluso (brevetto originale Grivel), permettono quindi di scegliere secondo le esigenze, privilegiando di volta in volta il peso, la resistenza, la velocità con cui calzarli.

Di certo il 1909 ha rappresentato un momento cruciale nell’evoluzione dei ramponi. L’anno prima Oskar Eckenstein (1859-1921), ingegnere e ottimo alpinista nato in Inghilterra da padre tedesco, si era impegnato a studiare un nuovo tipo di ramponi a dieci punte, ne aveva pubblicato il progetto e definito l’uso in due articoli sull’Ostereich Alpenzeitung. Poi aveva presentato il suo disegno al fabbro di Courmayeur Henry Grivel che, pur nello scetticismo generale, aveva realizzato quei ramponi con la maestria del buon fabbro artigiano e il sesto senso del montanaro. Il successo fu immediato, tanto che il 30 giugno 1912 sulla seraccata del ghiacciaio della Brenva fu organizzato il primo “Concours de cramponneurs”, una competizione di scalata su ghiaccio ante litteram tra guide e portatori di Courmayeur. Vinse la guida Alphonse Chenoz con i ramponi costruiti da Henry Grivel, che nel frattempo non aveva potuto brevettare il nuovo modello, perché i topi avevano mangiato buona parte dei disegni originali! La strada però era aperta. A Eckenstein va il grande merito di aver reso abituale l’uso dei ramponi, e a Henry Grivel di averci creduto e soprattutto di averli forgiati.

Steve House sulle Alpi con i ramponi Grivel

Steve House sulle Alpi con i ramponi Grivel

Nel 1929 Laurent Grivel, figlio di Henry, alpinista e guida (sue sono la prima ascensione al Père Eternel e la Sud Est del Grand Dru), aggiunse ai ramponi altre due punte, quelle orizzontali anteriori, che permisero una più facile progressione su pendii anche molto ripidi. Successivamente, nel 1933 i fabbri Grivel presentarono il famoso “superleggero”, su richiesta della Scuola Militare Alpina di Aosta per le pattuglie del Trofeo Mezzalama. Il “superleggero” era in acciaio speciale: Amato Grivel, fratello minore di Laurent, utilizzò con la consulenza delle acciaierie Cogne di Aosta, la lega al Nichel-Cromo-Molibdeno che permetteva di mantenere le caratteristiche di resistenza con una notevole diminuzione del peso. Tuttora questa lega risulta, per i ramponi, migliore dell’acciaio inossidabile martensitico (quello usato per coltelli, bisturi, forbici), perché possiede elevata durezza e indeformabilità, mantenendo comunque un’ottima “tenacità”, intesa come resistenza alla frattura e alle fessurazioni. Inoltre la lega di acciaio al Nichel-Cromo-Molibdeno tiene meglio il “filo” rispetto a quelli inossidabili. Esistono oggi verniciature per protezione dalla ruggine, l’ossidazione si previene con una buona manutenzione dei ramponi (pulizia e asciugatura tra un uso e l’altro) e l’eventuale ruggine si elimina facilmente con l’uso e non è influente sulla funzionalità dei ramponi.

Dopo la seconda guerra mondiale furono ancora Grivel i ramponi per la spedizione nazionale al K2. Dal punto di vista tecnico l’evoluzione successiva è stata abbastanza rapida in termini di materiali, di disegno delle punte, di attacchi agli scarponi, di soletta antizoccolo, fino allo sperone posteriore per la nuova tecnica dell’ancoraggio con il tallone sul ghiaccio strapiombante. Ed è andata spesso di pari passo con l’evoluzione delle piccozze, tanto che oggi, di entrambi gli attrezzi, esistono modelli specifici per diverse situazioni e discipline sportive, come il dry tooling e le gare di arrampicata su ghiaccio. Il presente, come abbiamo detto, è rappresentato da una varietà di ramponi per tutti gli usi e le esigenze, sia in lega leggera, (come quella in Alluminio, Rame, Titanio, conosciuta come serie 7000) sia in acciaio, sia in acciaio al Nichel – Cromo – Molibdeno (https://www.grivel.com/products/full_product_list/fpl_crampons.php)

Ramponi Grivel G1 carbon steel

Ramponi Grivel G1 carbon steel

Se oggi la Grivel guarda al prossimo 200esimo compleanno (2018) con entusiasmo “giovanile” è perché ripensa al passato, alla storia dell’alpinismo. Come ama spesso ripetere Gioachino Gobbi, patron della Grivel, «Abbiamo potuto vedere lontano perché siamo saliti sulle spalle di giganti». I giganti sono stati proprio i fabbri e guide alpine Grivel e poi Toni Gobbi, guida alpina, padre di Gioachino, che oltre ad essere innovatore nel suo mestiere, aveva saputo cogliere le novità del mercato in fatto di materiali per proporle agli alpinisti.

Le radici dei ramponi e dei “cugini” scarponi chiodati, sono lontane nel tempo, risalgono a ben prima dell’alpinismo, quando gli attrezzi progenitori servivano a “camminare” sul terreno ghiacciato. Già gli antichi Romani, come attestano alcuni bassorilievi dell’arco di Costantino, usavano “calzari chiodati”. E d’altronde come avrebbero potuto non scivolare sul ghiaccio i pellegrini e i mercanti che attraversavano i passi alpini in epoca medioevale, quando il clima non era più quello “ottimo” dell’epoca imperiale romana, se non dotando le proprie calzature di chiodi o uncini di ferro. Rodolphe de Saint-Trond, (1070 circa-1138), nelle sue “Gesta abbatum trudonesium”, riporta che per attraversare il Gran San Bernardo ci si serviva di stivali muniti di aculei di ferro. Piastre di ferro a quattro punte da legare sotto le scarpe erano usate già nel Medioevo e dovevano essere abbastanza diffuse, se erano menzionate e date come facilmente reperibili in un trattato del medico e filosofo bergamasco Guglielmo Gratarolo, pubblicato nel 1561 a Basilea. Josias Simler, teologo svizzero nato a Kappel, nel cantone di Zurigo, nella sua opera “Vallesiae descriptio, libri duo: de Alpibus commentarius”, pubblicato a Zurigo nel 1574, cita suole di ferro a tre punte da legare alle calzature per camminare sul ghiaccio. Il termine “ramponi” compare invece la prima volta nel 1642 nella relazione “Helvetia profana e sacra” scritta da monsignor Ranuccio Scotti mentre era nunzio apostolico in Svizzera. Ci piace quindi pensare che un po’ ovunque sulle Alpi, dove fosse necessario affrontare sentieri ghiacciati, i fabbri locali forgiassero ramponi rudimentali, usati da taglialegna, cacciatori, cercatori di cristalli e mercanti. Va ricordato che tra il 1550 e il 1850 circa, nel periodo conosciuto come “piccola età glaciale”, gli inverni furono particolarmente rigidi e i ghiacciai, ritiratisi fino al primo Medioevo, erano tornati ad avanzare. Probabilmente accanto ad asce e altri attrezzi agricoli anche i fabbri Grivel fin dal 1818, nella loro officina di Dolonne, villaggio di Courmayeur, costruivano “grappette” da applicare agli scarponi. E gli alpinisti e le loro guide? Se svizzeri e tirolesi li usavano, gli inglesi spesso li disdegnavano e le guide, che dovevano gradinare il ghiaccio con la piccozza per i loro clienti, forse temevano che con i ramponi sarebbe aumentato l’alpinismo “fai da te”. Man mano si assistette però all’evoluzione delle grappette che diventarono ramponi a sei e otto punte, fino alla nascita del rampone moderno di Oskar Eckenstein e Henry Grivel.

Web: www.grivel.com

 

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