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“Una cordata di solidarietà – la Valle d’Aosta in campo per donare speranza a un gruppo di giovani afgani” è il progetto di cui è stata animatrice Betta Gobbi (Grivel Mont-Blanc), infaticabile nel coinvolgere svariate istituzioni della Valle d’Aosta: Presidenza della Regione,  Biblioteca comunale di Courmayeur, Fondazione Montagna Sicura, Soccorso Alpino Valdostano, Unione valdostana guide di alta montagna, Protezione civile, Club Alpino Italiano, Parco Nazionale del Gran Paradiso, Associazione Forte di Bard e Funivie del Monte Bianco, per offrire ospitalità e supporto didattico ad un gruppo di ragazzi e ragazze afgani, allievi di un corso di alpinismo.

Lo scorso anno, l’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente (IsIAO), utilizzando le competenze dell’associazione Mountain Wilderness International e il finanziamento della Cooperazione Italiana allo Sviluppo, aveva organizzato in Afghanistan, dove la parte occidentale della catena dell’Hindu – Kush si eleva fino ad altezze di oltre settemila metri, un corso di alpinismo eco-compatibile (Environment Friendly Mountaineering). Vi avevano preso parte diciassette giovani interessati ad acquisire le competenze di base necessarie per divenire in futuro coadiutori di spedizioni alpinistiche, guide naturalistiche e di trekking  e guardaparco. Tra di essi anche tre coraggiose ragazze che partecipavano ai corsi sempre accompagnate dal padre di una di loro, a garanzia della serietà dell’iniziativa. Proprio loro sono state scelte, assieme a quattro compagni, per partecipare ad un corso avanzato di formazione. A seguito di un accordo tra Mountain Wilderness e la Direzione Generale della Cooperazione Italiana allo Sviluppo, data la precarietà della situazione politica in Afghanistan, il corso quest’anno si svolge  sui quattromila della Valle d’Aosta.

Il progetto è stato sostenuto sin dall’inizio, sotto il profilo organizzativo e logistico, dalla Grivel Mont Blanc di Courmayeur. Nel week end 23 e 24 giugno i sette giovani, sono stati nel massiccio del Monte Bianco,  per seguire un corso di alpinismo in alta quota, diretto dal Commissione Interregionale Ligure – Piemontese- Valdostana delle Scuole di Alpinismo e sci-alpinismo del Cai e uno di soccorso, organizzato dalla Protezione Civile con il Soccorso alpino valdostano e le guide alpine. Successivamente l’Ente Parco Nazionale del Gran Paradiso offrirà loro uno stage relativo alla gestione di una grande area naturale protetta, con particolare attenzione ai problemi della fauna, anche dal punto di vista della profilassi veterinaria.

La montagna non ha unito solo istituzioni diverse per un fine di solidarietà, ha prima di tutto unito giovani di etnia e religione diverse: tre ismaeliti provenienti dal Wakhan, due sunniti di etnia Pashtun e due sciite di etnia Azara, stanno portando avanti il loro percorso formativo in completa armonia. Sono giunti venerdì 22 giugno in Valle d’Aosta, dopo una breve visita di Roma e una sosta a Castel Porziano, ricevuti dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. La loro terra è ormai conosciuta più per le guerre che la dilaniano, che per i suoi meravigliosi picchi innevati, ricchi di lapislazzuli, che  non possono servire solo da nascondiglio a terroristi, ma devono tornare ad essere luoghi per trekking e spedizioni alpinistiche.

Li accompagnano Carlo Alberto Pinelli e Elisabetta Galli, istruttore di alpinismo del Cai di Chieti, che hanno partecipato alla prima fase del corso nel 2006, in Afghanistan. "Lo scorso anno – spiega Pinelli – è stata fatta una selezione tra giovani presentati dalla Fondazione dell’Agha Khan, da Università, dal Comitato Olimpico o provenienti da regioni di montagna. In diciassette hanno seguito la prima parte del corso e questi sette sono stati scelti per venire in Italia a completarlo". Di loro solo Fazil, studente universitario proveniente da Kabul, parla inglese: "Vogliamo tutti diventare guide di professione e organizzare spedizioni sulle montagne dell’Afghanistan" afferma con fierezza.
Con gli altri è possibile conversare grazie a una traduttrice di eccezione, la principessa Soraya Malek, da anni in esilio nel nostro paese, che parla un perfetto italiano con accento romano. Amruddin, Gurg e Mohammad, sono originari del Wakhan, regione montuosa poverissima e ci tengono a segnalare che al rientro dall’Italia, saranno loro ad accompagnare un gruppo di alpinisti e trekkers francesi e italiani che si avventureranno, con l’agenzia “La boscaglia”, nella zona del Pamir, dopo anni di chiusura dei confini.

Le tre donne, tutte giovanissime, sorrisi radiosi, sono  Siddiqa, proveniente dal Nuristan, regione montuosa confinante con il Chitral pakistano, e Habiba e Zhara, di etnia Azara, originarie del Bamuyan. Tutte praticavano atletica leggera, ma adesso sono state conquistate dalla passione per la montagna, come afferma Siddiqa, che sale in cima ai monti “per toccare il cielo”. Per loro frequentare questo corso è un modo per avere meno dipendenza dalla famiglia, vorrebbero a loro volta trasmettere le loro conoscenze ad altre donne e in questo senso sentono una grande responsabilità sulle loro spalle. "In effetti si tratta di un progetto improntato sulla sostenibilità locale – chiarisce Pinelli – dopo aver formato questo primo gruppo, si pensa di mandare in Afghanistan  non più istruttori, ma soltanto un direttore di corso per la supervisione, un trasferimento progressivo di competenze per la formazione degli accompagnatori di trekking e spedizioni".

Lunedì 25 alle 21 al Forte di Bard nella  sala conferenze “Archi candidi” proiezione del documentario realizzato nel 2006 da Carlo Alberto Pinelli per Raitre: “Siddiqa e le altre, un sogno afgano”  sulla storia di questo progetto, con particolare attenzione alle tre ragazze. I protagonisti e il regista Carlo Alberto Pinelli saranno presenti alla proiezione.

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