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Premessa

Questo libro fotografico non è il libro di un fotografo.
È caso mai quello di un semplice appassionato di cose di montagna, che incidentalmente ha cominciato a fissarne alcune con l’obiettivo e la cosa gli ha preso la mano.
Vuoi per dovere di cronaca turistica, vuoi perché attratto da esempi ammirevoli, ho cominciato a fotografare in età non più giovanile. Dimostrando peraltro scarsa disposizione all’apprendimento della tecnica.
Una cosa mi riusciva però discretamente già dall’inizio: la composizione. O, per meglio dire, la scelta dei soggetti. Predisposizione, senso estetico? Anche qui la mia convinzione rasenta la mancanza di autostima. Penso infatti che il maggior impulso a perseverare nell’uso della macchina fotografica siano stati i soggetti che mi si sono spontaneamente presentati dinanzi. Soggetti originali, bizzarri o splendidi, ma sempre copiosi e interessanti.
Fino a determinarmi ad andare in giro, non di rado, con l’attrezzo a tracolla. A costo di rischiare l’incolumità. Come quella volta che scesi dal versante ovest del Palabione, con la fotocamera che mi ballava intorno alle spalle, e il precipizio sottostante, sui tre lati, a un certo punto fosse quasi verticale.
Oppure fino al punto da farmi soffrire la mancanza della mia reflex come una grave menomazione. Come il giorno che, fermo in attesa che sgombrassero il passaggio ostruito lungo la statale 39, un abete rosso si spezzò a metà, sotto il peso della neve, proprio a pochi passi da me a valle della strada. Il moncone vibrò a lungo in una nuvola bianca, mano a mano più rada, ma pur sempre durata alcuni secondi. Peccato.
Se, però, dopo aver scoperto l’animato nido del picchio nel tronco di un larice, non sono più tornato sul posto per appostarmi a cercar di immortalarne qualche scena, mi dico che non era destino. Non è probabilmente il caso, cioè, che io passi ore ad aspettare la scena naturale rara, perché ci sarebbe sempre un professionista che la fotograferebbero meglio, con una luce più giusta o con accorgimenti tecnici migliori.
E allora mi rassegno alla mia predilezione per le scene semplici, più ordinarie e accessibili, ma non perciò non meritevoli di stupore. È questo, in sostanza, il mio rapporto con la fotografia: quello del meravigliato dilettante. Forse acquisterò in futuro cavalletto, obiettivo stabilizzato, polarizzatore e un flash come si deve, ma non so se migliorerò tecnicamente molto. E me ne importa fino a un certo punto, perché già così la fotografia digitale è un prodigio che mi consente di fissare in modo decente le meraviglie (o alcuni orrori) intorno a me.
Spero che ciò basti a chi sfoglierà queste pagine.

                                        L’autore Antonio Stefanini

P.S. – Ringrazio di cuore i valenti professionisti e colleghi che hanno accettato di essere ospiti con alcuni loro scatti, in grado di elevare la qualità media del libro. Così come ringrazio, per la loro disponibilità a concedersi all’obiettivo, tutte le persone ritratte, in posa e no: se questo libro è “animato” lo si deve anche a loro. Grazie, infine, a quanti mi hanno fornito informazioni, spunti e suggerimenti.

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