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La notte tra il 12 e il 13 settembre 1944 sul Monte Cavallaria, 1464 metri di altezza sopra l’abitato di Brosso in Valchiusella, a bordo del quadrimotore Alifax viaggiano tredici paracadutisti pronti a dare una mano ai partigiani di Giustizia e Libertà arrestati nella valle di Champorcher. Sono partiti da Brindisi; sono italiani, inglesi, canadesi, australiani, cecoslovacchi.



Doveva essere una missione da eroi. Diventa una delle più gravi tragedie della Resistenza in Canavese. Muoiono tutti, schiantati sulla Cavallaria. Un incidente, una fatalità mai chiarita del tutto. Poi in cima arrivano sciacalli che spogliano i corpi di orologi, anelli e denaro. La sciagura nell’immediato ha un’eco enorme, ma tutto si eclissa con la fine della guerra.



Scrive Alessandro Ballesio su La Stampa del 30 marzo 2006: “Sono passati sessantadue anni, ed è ancora buio su quel disastro aereo. Non ci si spiega come nessuno abbia mai pensato di sistemare una croce, una lapide, una semplice targa sulle pendici della Cavallaria. Il resto è storia di oggi. Il professor Bernardo Bovis, docente di lettere in pensione, torna a gridare “che dimenticare non si può”. Lo seguono almeno duecento persone, firmano tutti una petizione”



I primi a rispondere sono stati gli “Amici del Gran Paradiso”, l’associazione di Ceresole Reale che coordina per il Canavese le attività del progetto “La Memoria delle Alpi”. Nell’estate 2006 sarà predisposta la segnaletica dell’itinerario storico della Cavallaria, che verrà inserito anche in siti web e percorsi didattici. L’inaugurazione il prossimo settembre, in occasione del 62° anniversario della tragedia.

c.s. a cura di G.Novaria



Info

www.memoriadellealpi.net







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